Probabilmente il nome Gionata, ora come ora, vi dirà ben poco, a meno che non siate dei veri appassionati di indie rock. Vi posso assicurare, però, che di questo cantautore svizzero ne sentiremo parlare parecchio.
Perché?
Basta pensare ad uno dei brani portanti del suo penultimo album, dall’emblematico titolo “Niente di giovane dietro una droga”, in cui una delle strofe recita (sacrosantamente) “La droga è distribuita molto meglio dei dischi”.
Con all’attivo più di dieci anni di carriera e una collaborazione con Gianni Maroccolo, Gionata è uscito con un nuovo album, “In nove mosse” e nell’attesa che lo ascoltiate, l’abbiamo intervistato in anteprima per voi.
Iniziamo. Sulle nostre pagine sei ancora poco conosciuto, quindi presentati con parole tue ai lettori di Freakout.
Ciao, grazie per l’ospitalità! Mi chiamo Gionata e sono un musicista di Lugano, cittadina della Svizzera italiana. Ho appena pubblicato un album dal titolo “In nove mosse”, che come suggerito dal titolo contiene nove brani inediti.
Descrivi con tre aggettivi il tuo nuovo album.
Il gioco degli aggettivi è sempre difficile, mi piacerebbe fosse in qualche modo profondamente leggero e musicale…
Da chi o cosa trai ispirazione per la tua musica?
Cerco di trattare ogni album che faccio come un’esperimento di comunicazione, per quanto possibile, ogni disco ha una sua genesi, ci entra di tutto insomma.
Quali sono le tue band (o cantanti) di riferimento?
La musica cambia peso e valore continuamente, così come i riferimenti… in questo momento un disco che trovo veramente entusiasmante è il nuovo album di Santana, c’è qualcosa nel modo in cui è interpretato quel disco che mi tocca profondamente… è curioso perché generalmente non sono un cultore del chitarrismo “eroico”.
Nel tuo scorso lavoro cantavi che “non c’è niente di giovane dietro una droga”. La canzone è di qualche anno fa ma rispecchia molto bene alcuni degli scandali più grossi che hanno coinvolto politici e personalità di spicco in Italia. Che cosa ne pensi della situazione politica attuale di questo paese? Vivresti mai in Italia?
Quella canzone è stata un occasione per giocare con alcuni stereotipi del rock e un tentativo di trattare le dipendenze da una prospettiva diversa.
Non c’è nulla di fico dietro al business della dipendenza, soltanto persone senza scrupoli che lucrano sui sogni e sull’energia vitale dei ragazzi. Dipendere da qualcosa o da qualcuno non ha mai liberato nessuno dai propri mostri e dal proprio inferno personale, con i quali bisogna convivere, anche se non è proprio la cosa più facile…
Conosco abbastanza bene l’Italia e ho molti amici italiani, lo vedo come un paese bellissimo purtroppo in questo momento in difficoltà; ma forse è una deriva necessaria…
Tutti i paesi hanno le proprie crisi e contraddizioni morali, anche la Svizzera ovviamente, ma la situazione italiana e le umiliazioni che gli italiani accettano dalla propria classe politica, che dovrebbe essere al servizio del cittadino, è incomprensibile agli occhi di uno straniero…
In ogni caso credo siate sulla soglia di un nuovo rinascimento che passerà attraverso i giovani e la cultura. Negli occhi dei ragazzi che manifestano c’è proprio scritto “siamo alla fine di un ciclo e questo processo è irreversibile”…
Credo vi attenda un momento meraviglioso, da qualche parte ho visto la foto di graffito “Non esiste più il futuro di una volta”, forse sono ottimista ma penso che fra qualche anno qualcuno potrebbe aggiungerci “meno male!”
Sicuramente vivrei nell’Italia del futuro.
Torniamo alla musica. Hai già collaborato col grande Gianni Maroccolo, con chi altri ti piacerebbe collaborare (sia al livello italiano che internazionale)?
La collaborazione con Maroccolo è stata un’esperienza molto interessante, sono tanti i produttori internazionali con i quali mi piacerebbe collaborare, anzi non mi viene in mente nemmeno e un produttore con il quale non vorrei collaborare, sono affamato di esperienze altrui con le quali confrontarmi.
Questo è il mio quinto album, ma è il secondo dove scelgo la strada della co-produzione, in passato mi veniva naturale produrre i dischi da solo, forse anche per una sciocca paura di snaturare l’essenza delle canzoni, in realtà se trovi la persona giusta puoi solo arricchire la tua visione delle cose, e per me in questo caso con A. Mac Uproar è andata proprio così.
Parteciperesti più volentieri a Sanremo o a un festival indie?
Io suono dovunque esistono le condizioni per esprimere degnamente la mia musica, quindi dipenderebbe dall’edizione di Sanremo o dall’impostazione del festival indie.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Ti vedremo (e sentiremo) suonare in Italia e in particolar modo a Napoli?
Quanto suonerei volentieri a Napoli… non l’ho mai fatto, stiamo cercando di organizzare un po di date in Italia, ma per ora sto facendo un Tour in Svizzera, spero di arrivare al più presto.
Per il futuro mi piacerebbe aver la possibilità di continuare a sviluppare idee, a questo proposito vi segnalo il mio ultimo videoclip “Tu vali!”, lo trovo un esperimento interessante, è stato realizzato con un’applicazione che si chiama Languimage, sviluppata da un duo di ricercatori-artisti svizzeri che prossimamente verrà rappresentata in una serie di istallazioni nei musei europei.
Questo software traduce in immagini frasi e concetti, attraverso una ricerca di immagini su Google o su altri motori di ricerca. Il risultato è un interessante iper-linguaggio, che stimola una riflessione sul rapporto parola-immagine nella modernità, dategli un’occhiata…
Prime sperimentazioni in Languimage
Autore: Veronica S. Valli
www.gionata.net