Francesco Taskayali, di padre turco e madre italiana, è un compositore di musica neo classica che già da un decennio circa è rientrato di diritto nel variegato panorama italiano, e internazionale, che ha come caratteristica principale l’approccio compositivo articolato, ragionato ed emotivamente intenso. Tra suite al pianoforte di smaccato suono classicista, elettronica spesso ricercata con beat mai banali, al limite del minimal-ambient, e attitudine quasi rock; Taskayali si distingue anche per la sua sensibilità e non solo musicale. Da poco più di un mese è uscito per Arealive/Sugar Publishing il suo decimo album dal titolo Dreambox. Un titolo che lascia intendere anche un metodo onirico che il musicista di Latina ha adottato per comporre le quattordici tracce che compongono il lavoro.
Dopo svariati album e colonne sonore arriva “Dreambox”, il decimo capitolo discografico. Raccontaci quali sono le sostanziali differenze con gli altri lavori?
Dreambox, il decimo tassello della mia carriera sonora, ha preso forma con pazienza tra le pareti del mio studio. Un lavoro artigianale, con ispirazioni che si sono manifestate una alla volta, come foglie di un albero che cadono dolcemente. Le strade del centro di Milano sono state il mio palcoscenico, con lunghe passeggiate che culminavano in sessioni al pianoforte vicino al Duomo. L’accensione dei microfoni segnava l’inizio di un flusso di coscienza personale. Dopo un mese di registrazioni, ho esaminato attentamente tutti i file, cercando la direzione giusta. Il tema dei sogni è emerso in modo naturale, rappresentando il mio distacco totale e il viaggio nelle profondità dell’inconscio.
Dal vivo ti abbiamo seguito in occasione dello showcase di presentazione dell’album a Napoli. Abbiamo notato però, rispetto alle composizione su disco, un piglio più deciso dove eri accompagnato, nella prima parte, da sequenze ritmiche e parti elettroniche più “sperimentali”. Cosa è cambiato nel tuo approccio compisitivo e cosa intendi proporre all’ascoltatore?
Questo disco è il frutto del mio isolamento creativo, dall’impostazione dei microfoni agli arrangiamenti, dal mix al mastering. Dall’ideazione del concept alla cura della grafica e alla scelta dei titoli, ho affrontato ogni fase del processo in solitudine. È la mia prima esperienza a 360 gradi, una sfida personale che mi ha spinto a esplorare ogni angolo della mia creatività.
Quali sensazioni emotive avevi dentro di te quando hai composto queste nuove tracce?
Una grande serenità, come ogni volta che riesco a dimenticarmi dove sono
Quanto incide ancora nella tua vita artistica avere una cultura a cavallo tra Occidente e Medio Oriente? E se questa identità cosmopolita se è stato un plus o un minus.
L’inclusione dell’avverbio ‘ancora’ nella domanda suggerisce la possibilità che questa condizione possa giungere a una conclusione. Tuttavia, l’identità che abbraccia due culture è una realtà incrollabile, una condizione di cui siamo figli a metà. Viviamo su un confine sottile, senza una chiara comprensione di quale sia il nostro paese. Forse, in fondo, ci sta bene così. Nutriamo la visione di un mondo più ampio, che supera i limiti degli stati-nazione. Per me, l’identità cosmopolita rappresenta un valore aggiunto, un arricchimento che va al di là delle convenzioni tradizionali.
Troppo spesso, per comodità e sintesi, vieni definito dalla critica un compositore neoclassico e quindi accumunato ad artisti come Ludovico Einaudi, Ólafur Arnalds o Dustin O’Halloran e Nils Frahm. Quali le differenze con questi grandi nomi e cosa ci puoi dire per distinguersi in questo mondo di “etichettatura” di genere?
La differenza fondamentale risiede nel fatto che tutti i precedenti citati si ispirano al genere neoclassico nord-europeo, radicato nelle terre d’origine e in costante crescita. Nel mio caso, invece, cerco di plasmare un minimalismo che si sviluppi da Roma in giù, un neoclassico mediterraneo. Ritengo che sia giunto il momento di dar vita a un movimento simile anche in Italia, specialmente considerando che abbiamo il pianista Einaudi, ampiamente ascoltato in tutto il mondo, come un pioniere di questa scena.
In un tuo recente passato hai suonato il pianoforte, che per caso era sulla nave, quando ti sei arruolato per conto di una ONG per andare a salvare i migranti in mare. Ci racconti brevemente l’esperienza ma soprattutto se pensi d’impegnarti ancora visto che il problema persiste?
“Durante la pandemia, ho preso la decisione di imbarcarmi in una nave alla ricerca di una parte di me che si era forse smarrita. L’ignoto di ciò che mi attendeva ha reso l’esperienza incredibile. Trovarsi in mare con 700 anime, tutte ignare del proprio destino, bloccate in un limbo, è un’esperienza unica, che si può vivere solo in quel contesto. Non credo ripeterò esattamente la stessa avventura, ma ho in mente altre sfide. A breve, mi appresterò a intraprendere il cammino di Santiago, con l’intento di registrare le testimonianze di coloro che decidono di abbandonare tutto in queste società tecnologiche per riscoprire un autentico rapporto con se stessi.
Ricordo anche un tuo particolare concerto su una piattaforma galleggiante sul lago di Paola. E’ abbastanza diffusa questa idea di trovare luoghi particolari per esibirsi, specie per voi che suonate solo il pianoforte.
“La piattaforma è lì, pronta ad accogliermi, e questa estate non vedo l’ora di riutilizzarla. Devo trattare quella piattaforma con gentilezza perché sono stato il primo in Italia a posizionare un pianoforte in mezzo al largo. Essere il pioniere, però, comporta spesso di essere considerato pazzo o sciocco. Quando cercavo di persuadere gli altri a darmi una mano per collocare un pianoforte da 400 kg a 200 metri dalla riva, le risate non mancavano. Alla fine, ce l’abbiamo fatta, e ogni anno ritorno per concedermi una suonata nel mio “studio” galleggiante.
C’è una differenza fondamentale tra i pianisti che amano suonare in luoghi davvero unici. Molti lo fanno solo per esigenze estetiche o per fini da youtuber, ma io non ho mai cercato quell’esigenza. L’isolamento sul lago aveva un significato più profondo per me, e sperimentarlo è stato il bene più prezioso che ho portato con me.
Nei prossimi mesi hai novità da svelare? Specialmente ci saranno concerti?
Sarò in TV, in alcune prime serate su Nove, ma non posso rivelare altro per ora. E il 25 maggio ci vediamo sulla cima del Tempio di Giove al tramonto. Chissà, forse ci sarà anche un evento a Milano qualche giorno prima, ma ancora non ho certezze!
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