Jon Hopkins (nella foto) è un musicista e compositore. Suona il piano dall’età di 5 anni e ha collaborato con artisti del calibro di Massive Attack, Brian Eno, Coldplay (è co-producer del loro ultimo album Viva la vida)
Ha solo 28 anni, il suo album Insides, il primo con Domino, è un piccolo capolavoro in cui più che in passato emerge la bravura di questo giovane artista.
E’ a Roma per la prima volta, la sala non è strapiena. D’altronde Jon Hopkins non è ancora troppo noto. L’ho conosciuto personalmente al Sonar, alle prese con Soundclusters 2, degli strumenti a corda animati da pompe pneumatiche e congegni elettromeccanici che produceveno suoni di viola, violoncello e violino e il suo live allora mi colpì molto.
Il live al Circolo degli artisti è completamente diverso.
In apertura di concerto il collettivo genovese dei Port Royal con il loro nuovissimo live audio-video legato al terzo lavoro “Dying In Time” uscito lo scorso ottobre 2009 con l’etichetta inglese Resonant. Sul palco Attilio Bruzzone ed Alexander Vatagin accompagnati dai video di Sieva Diamantakos che contribuiscono a creare atmosfere oscure e nostalgiche. Sono bravi, puliti, sperimentano con l’elettronica, arricchendola con elementi post-rock, shoegaze e dance. Il risultato è davvero coinvolgente.
A seguire un brevissimo cambio di palco e Jon inizia con un assolo di pianoforte: è Small memory, bellissima. La sua eleganza e la delicatezza di queste prime note lasciano la sala nel più completo silenzio.
Un applauso e Jon passa subito al suo pad. Gioca con le note, in un mix di musica classica ed elettronica, violini e progressioni di pianoforte. Light through the Veins è un crescendo continuo di ritmo, i brani si fondono gli uni dentro gli altri e creano un paesaggio sonoro unico e totalmente immersivo.
Ad accompagnarlo in alcuni brani il violinista italiano Davide Rossi che, iniziando con Afterhours e Casino Royale, oggi vanta grandi collaborazioni : Goldfrapp, Siouxie, Royksopp, Verve e Codplay.
I suoi archi si sposano perfettamente con le melodie elettroniche di Hopkins.
Continuano gli intermezzi di solo piano che, come nel brano the Low Places o Autumn Hill, si inseriscono in fittissime trame elettroniche.
Non mancano momenti dal ritmo più intenso, con progressioni sonore in cui Jon alterna tensione, accento “happy” e melodie classiche. In Insides, il brano più aggressivo dell’omonimo album, sono forti ed evidenti le citazioni dalla ormai consolidata scena dubstep londinese, cui inevitabilmente si ispira.
Autore: Sara Ferraiolo