Horus, seconda prova degli astigiani The Wild Scream, anche se attinge a pieni mani da un “immaginario” mainstream, mantiene una connotazione indipendente, si salva in corner e riesce ad unire le ultime generazioni e orecchi molto, ma molto scafati, una bascula estetica di rock classic, psichedelie, e navigati Seventies ruffiani che, nella stima di queste dieci tracce, crea bei “ritorni mentali” e calori di suoni ottimi per una giornata arancione su highway no limits.
Certamente nulla di nuovo, ma un multicolore sentire che si dilata, rapprende e si dilata di nuovo fornendo un patchwork di elettricità e pathos ben fatto, una visione – vogliamo dire nostalgica? – di rock sempiterno che comunque piace sempre e da schiettezza all’animo.
Con un Morrison che non rinuncia ad essere spirito guida del tutto (Sx su tutte), ecco che avanza la ballatona da ballroom Tattoo woman, il blues strisciato Sweet legs, il bell’acido da inghiottire Interstellar e la Traffic(hiana) The ballad of peace, tracce con cui Horus espleta il proprio dovere di messaggio senza età a chi magari ricorda poco di quello splendore che fu, gli viene alla perfezione e allora lunga vita ai TWS e che Dio ce li conservi sempre così!
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autore: Max Sannella