Questa band emiliana segue l’istinto senza porsi tanti problemi e così, anzichè fossilizzarsi sul proprio genere musicale di riferimento – che è e resta il punk-rock – si avventura volentieri verso altri percorsi, come ragamuffin’ salentino, oi! e patchanka.
Non memorabile, il nome che tanti anni fa si scelse questa band, e a dirla tutta neanche lo scontato titolo dell’album e la copertina fanno centro nella nostra immaginazione; ma la musica c’è, e gli FFd riprendono, nel loro piccolo, i Clash, i Rancid e i loro maestri e compagni di tante avventure Los Fastidios, e ci ricordano, con le 12 canzoni di Kuore Ribelle – quarto disco in carriera – che nel punk le prese di posizione politiche e sociali contano ancora, eccome.
Certo spiazzano, con l’alternanza sistematica di pezzi militanti da un lato – ‘Sono storie’ – e testi d’amore dall’altro – ‘Valeria’ –, che ascoltati tutti di fila sembrano raccontare di uomini che in strada non si piegano difronte alla carica della polizia, ma a casa poi vengono messi sotto dalla ragazza che li molla; però la vita, a pensarci, è fatta così, e almeno gli FFd sono immuni da quelle accuse di maschilismo che qualche volta i gruppi punk si tirano addosso.
Autore di tutte le canzoni è il leader Mono, animatore della scena punk che non ha una scrittura molto fluida ma tira fuori, anche con mestiere, buoni anthem– ‘Penso a te’ -, tanta energia ed una contraddittoria alternanza di luoghi comuni – ‘I’m a Junk’ – e dichiarazioni sincere – ‘But not my Age’ –. I momenti più caratteristici di questo disco mi sembrano due: da un lato ‘Sono Storie’, coi suoi 5 minuti e mezzo di ska e rap politico tra occupazioni, manifestazioni, diritti e scontri in strada sul genere ‘Costretti a Sanguinare’ di Marco Philopat, poi il duro oi! stile Manu Chao di ‘Luci del Ghetto’, e dall’altro il divertente ska pop tipo “lo famo strano” di ‘Che Male c’è’.
Autore: Fausto Turi