Giusto mentre mi accingo a scrivere queste poche righe, sono venuto a sapere che “Rendezvous” sarà anche l’album che metterà la parola fine alla gloriosa storia dei Luna. Peccato mi viene da dire, specie, costatando il fatto che il quartetto statunitense è ancora capace di scrivere ottime canzoni. E’ preferibile lasciare in bellezza avranno pensato e non sarò certo io a negare tale evidenza. Fautori di uno stile riconoscibilissimo, permeato sui lisergici intrecci di chitarra di Sean Eden e Dean Wareham, i Luna sono diventati uno dei gruppi che meglio ha raccolto la pesante eredità dei Velvet Underground(nel 1992 furono la band di supporto del tour europeo dei loro beniamini inoltre, nel 1994, Sterling Morrison suonò nell’ album “Bewitched”). Fra l’altro pure l’indolente tono di voce di Wareham ricorda assai da vicino quello di Lou Reed, propendendo però verso un lirismo sardonico e disincantato, rispetto al disilluso mal di vivere del suo illustre maestro. Se tali riferimenti saranno utili per i neofiti, chi conosce già la discografia “lunatica” non potrà che apprezzare l’incalzante andamento di “Malibu Love Nest”, “Speedbumps”, “Astronaut” da un lato mentre si lascerà volentieri cullare dalla pigra soavità delle varie “Broken Chair”, “Rainbow Babe”, “Motel Bambi”, appartenenti al versante più psichedelico dell’intero lotto. Grazie anche all’ottima supervisione in fase di produzione dell’esperto Bryce Goggin, i Luna si congedano da fan e semplici ascoltatori, incastonando l’ennesima perla di una carriera che sin qui non ha mancato di riservare
notevoli soddisfazioni artistiche. A quanto pare, un tour che dovrebbe far tappa, prima o poi, anche in Europa ed un susseguente documentario saranno gli atti finali della loro avventura. Un addio che vorremmo tanto si trasformasse in un arrivederci.
Autore: LucaMauro Assante