Prague è essenzialmente Alessandro Viccari, che – oltre a cantare – suona chitarre e basso in tutti i pezzi. A dargli una mano Giulio Calvino dei Candies (alla batteria) e una serie di amici. Alessandro scrive canzoni dolenti, che si muovono lente così da poter essere apprezzate fin nelle minime sfumature, così da potersi conficcare nell’anima degli ascoltatori più in profondità. La malinconia come musa ispiratrice, certo indie rock americano in bassa fedeltà come riferimento artistico, e una manciata di pezzi in cui l’aspetto emotivo viene prima di qualsiasi orpello sonoro. Un sound essenziale, con in primo piano una chitarra che segue gli umori della voce, accarezzandola con dolci arpeggi o sostenendola con accordi nervosi e distorti, e sullo sfondo preziosismi che in un contesto così “scarno” non passano inosservati: il piano rhodes che arricchisce di nuovi colori la melodia di “Bad things happen”, il contrabbasso (suonato con l’archetto) che dona ulteriore drammaticità a “Paint a life”…
Otto appassionanti spleen “da cameretta” pronti ad esplodere con la tutta la loro straziante, elettrica, urgenza espressiva. Come ricordi chiusi troppo a lungo in un cassetto ed ora pronti a riproporsi con un’intensità che non ti aspetti.
Autore: Daniele Lama