Scrivere recensioni musicali sta diventando un’impresa ardua. Mai stata cosa semplice, certo. Ma come approcciarsi, oggi, ad un nuovo disco italiano senza tenere in conto i prodotti dei talent show, o senza buttare l’occhio – per ammiccanti paragoni – ai vicini di casa più furbi dell’artista in questione?
Se si scrive di Denise quella tivvù colorata può venire in aiuto. Nel 2010 la vocina della dolce salernitana non può essere frutto solo delle fiabe a lieto fine. Il mix, che lei stessa ci suggerisce, deve ben tritare scenografie, personaggi e luci di una televisione che è contenitore di fantasia e applausi. Anche se finti. Una televisione che apre e chiude i suoi programmi con note scelte apposta per l’occasione. Anche se banali.
“Dodo, do!” è l’album d’esordio , la piccola scatola di idee e sogni che segue i numerosi live in giro per lo Stivale. Dodici tracce che hanno catturato la produzione artistica di Gianni Maroccolo e Lorenzo “Moka” Tommasini. Un disco nato per far spiccare il volo a delle melodie partorite in una cameretta, ma che finisce per trattenerle al suolo. Una lista dei desideri che pecca nel desiderare troppo, chiedendo ciò che ha già riempito l’Islanda della Torrini o di Mrs. Guðmundsdóttir (Bjork, per gli amici).
Tutto fila liscio finché si resta in quell’atmosfera da colonna sonora anni Sessanta, che ha i titoli delle orecchiabili “Cuddly Cloudly Afternoon” o “Sunny Lovers”. In brani come “Horses” sembra addirittura trovarsi la chiave giusta, con una Denise più sensuale che fa un salto nei Novanta. A frenare gli entusiasmi ci pensano “Lacks” o “Burning Flames” (scelto erroneamente come primo singolo), colpevoli di riportare alla memoria le recite di fine anno scolastico.
Pezzi che non si lasciano ascoltare per la loro intera durata e che fanno pensare ‘beh, se sapesse anche ballare questa piccoletta sarebbe davvero forte!’. E poi ancora un passo falso nel pop più marcato di quella “Stones” che richiama i Be Hive (se non ricordate chi sono, usufruite di Google!).
Difficile trovare una faccia così pulita da mettere sulla vocina, sul toy piano e sui paesaggi incantati dei video che contraddistinguono Denise. Ad essere ancora più complesso, però, è estrarre dal cappello qualcosa di originale che faccia spalancare le orecchie (e il portafogli, una volta entrati nei negozi di dischi), qualcosa che non faccia correre ai paragoni. E che alla fiaba da palcoscenico sostituisca il sogno ad occhi chiusi.
Autore: Micaela De Bernardo