Chi voleva una dimostrazione di quanto il post-rock-shoegazer di Mogwai avesse varcato i confini dell’angusta Scozia è, con “One Step More and You Die”, più che servito. I Mono sono Yasunori Takada e tre altri semi-impronunciabili mates dalle remote terre del Sol Levante e… mi secca avervi già scoperto quasi tutte le carte. Ma tant’è, anche se non di solo Mogwai si nutrono i Mono.
Certo, la mutevole ed epica ‘Com(?)’, nei suoi 16 minuti di lunghe pause e mastodontiche deflagrazioni chitarristiche, farebbe propendere proprio per questo verdetto, così come è vero che i desolati e plumbei paesaggi ambientali dipinti dal quartetto nipponico fanno emergere un quadro che abbraccia, nell’universo post-rock, buona parte della costellazione anglo-scozzese, quella, per intenderci, dai tratti marcatamente “slow” che diluiscono i brani in lunghe suite.
Ad ascoltare meglio però il guitar work dei Mono sa trovare anche qualche alternativa, seppur senza discostarsi troppo dal pattern evidenziato, come in ‘A Speeding Car’ ed ‘Halo’, dove troneggia qualche “scartavetrata” di chitarra, ossia quell’effetto quasi “mandolinato”, così come talvolta ce lo siamo visti fornire dai Godspeed. In generale però può individuarsi il concetto prevalente di questo disco nel chiaroscuro sonoro, ossai nell’alternanza piano-forte, morbido-duro… ok, non è la prima volta che sentite dire queste cose, ma dipende da “One Step More and You Die”. Che non è affatto un brutto disco: ha solo la colpa di essere stato già realizzato, altrove, neanche tanto poco tempo fa…
Autore: Bob Villani