La Mute Records ha da sempre un forte legame con gli artisti che fanno parte della propria orbita.
L’ultima “trovata” della label londinese è l’emissione di una serie di antologie con l’appellativo “An introduction to…” e saranno le stesse band coinvolte a preparare le tracklist delle proprie compilation.
I Laibach, quindi, tornano con materiale discografico non proprio inedito distante pochi mesi dall’uscita della colonna sonora della fiction “Iron Sky”, commedia sci-fi che si basa su paradossi, nella quale i nazisti tornano sulla Terra nel 2018 dopo che nel 1945 erano stati costretti a scappare nella “zona scura della luna”…
“An introduction to…Laibach” è sottotitolata “Reproduction Prohibited” dicitura ispirata a un lavoro del 1937 di Rene Magritte, il celebre “Not to be Reproduced” reinterpretato anche dagli stessi Laibach nella copertina.
Il collettivo sloveno include nella cernita dei brani esclusivamente cover o similari dal loro vasto repertorio pluridecennale. Un manifesto omogeneo di reinterpretazioni dark-industrial di svariata derivazione, dai Beatles ai Queen passando per vecchi inni nazionali, tratti dall’album del 2006 “Volks”, fino a rievocare paladini schagler e riverniciare famose hit anni ’80, il tutto “laibachiato” a dovere secondo le specialità sonore del collettivo, una mescolanza di rock elettronico stilisticamente condizionato dalla tradizione folk/popolare dell’est-Europa che si eleva a industrial puro e in certe circostanze si va a impattare al metal più sfrontato.
Come molte selezioni di brani sparpagliati nel tempo, quest’album non vive di un unico suono.
Vi si ascoltano brani ariosi e aperti tra coraggiose traversate, perfino epiche, alternate a momenti intensamente claustrofobici, sonorità profonde e oscure aderenti a cori gotici e premonitori che fanno da scorta a voci doppie e “transilvane”…
Piacciano o no, bisogna tenere in conto che i Laibach/NSK sono un collettivo artistico/politico davvero molto singolare e non solo a livello musicale, tant’è che di proposito è stato utilizzato il termine inesistente “laibachiato” esprimente proprio il fatto che originale o no, la band ha sempre avuto un suono suo proprio, riconducibile solamente a essa stessa.
La “trovata” della Mute invece è un tentativo riuscito, di trasformare un’operazione commerciale (compilation) in un accattivante approfondimento di alcune sue band di culto.
Autore: Luigi Ferrara