Intervista agli autori del “ritratto” sul gruppo più irripetibile della musica italiana
Carla Rinaldi, con Michele Rossi, firma il documentario sugli Squallor. Atto d’amore più unico che raro sul gruppo che ha segnato la storia della musica italiana senza aver mai fatto una conferenza stampa né una tournè. Temerari, corsari, inarrivabili, grandi professionisti. E perciò da immortalare, era ora (ha vinto il premio miglior documentario autoprodotto al Napoli Film festival 2012). Facciamo due chiacchiere con Carla Rinaldi.
Come nasce il documentario “Gli Squallor“?
“Per caso senza un motivo preciso”
Quando hai ascoltato gli Squallor per la prima volta?< “Credo di avere sempre ascoltato gli Squallor, a Napoli chiunque conosce almeno una frase del gruppo. E poi ricordo Arrapaho, lo spot e lo ripetevo a scuola, ma mi ricordo come prima frase ” a chi vuoi più bene, a mamma papa? A pippo baudo”. Ricordo adolescenti che la dicevano sempre. Michele ha avuto invece un appoccio diverso, li conosceva già da ragazzino ma credo che nella sua realtà di Cuneo non si potevano dire le loro frasi con tanta facilità, forse al nord sono famosi proprio per questo: se a Napoli lo sono perchè in qualche modo è come se parlassimo tutti quanti noi napoletani, nel nord lo vedo piu’come uno sfogo”.
Qual è, se esiste, il lascito di un gruppo del genere alle nuove generazioni, non solo di musicisti?< “Il lascito è prezioso, non perchè ci siano epigoni o seguaci riconducibili perfettamente a loro, ma perchè sono come il fratello più grande che apre la strada a quello piccolo. Crea un precedente e quello piccolo non deve più lottare tanto per ottenere la libera uscita. E’ chiaro che la satira italiana gli deve qualcosa; la cosa sconfortante è che oggi come allora le persone irriverenti vengono bastonate e censurate allo stesso modo. Insomma, dagli anni 70 non è cambiato niente”.
Quanto è costato e chi lo ha prodotto?< br>”Noi l’abbiamo prodotto e abbiamo investito tutti i soldi che avevamo raccolto al nostro matrimonio terrone”.
La più grande difficoltà incontrata in fase di realizzazione e produzione?
“La piu’grossa difficoltà è stato montarlo. Michele ha tappezzato un’intera casa di fogli lunghi metri e metri, poi spostava continuamente i post it da una striscia ad un’altra.. Ha dovuto incollare con senso del ritmo e della narrazione tutto il materiale che aveva scelto. Poi, alla fine, ha ripescato altre sequenze per migliorarlo e così fino alla fine. Un altro ostacolo è stato temporale, l’attesa alla Rai per prendere il materiale pagato di tasca nostra. Quasi un anno di attesa. Assurdo, nemmeno se paghi tu sono puntuali! E questo ci ha comportato slittamento sostanziale per montare”.
Perché la scelta stilistica della voce di Cerruti sempre fuori campo?
“Cerruti fuori campo? Ma lui non sarebbe mai entrato davvero in video, l’ha solo sfiorato”.
Cosa ti ha colpito di più dell’intervista a quel geniaccio toscano di Bigazzi?
“Il pragmatismo. Nessuna velleità, nessuna vanità, andava dritto al sodo, lavorare e ottenere il successo, dare lavoro a tante persone e restare nell’ombra. Indulgenza nei confronti degli artisti, molti, irriconoscenti, affetto dopotutto nei loro confronti, mai una parola cattiva, una parolaccia si’, ma parole cattive e astio verso qualcuno mai. Un burbero benefico”.
Oggi fondare un gruppo del genere, con una tale libertà, sarebbe possibile?
“No, sarebbe impossibile e inutile. Sai indicarmi qualche discografico o autore così cazzuto da sbugiardarsi e ridere di se stesso come hanno fatto loro?”
Il doc girerà per i festival? Andrà in sala? È prevista l’uscita di un dvd? “Uscira’a febbraio in dvd con la Cni nella extended version e con numerosi extra”.
La canzone che vi piace di più?
“A me piacciono tutte le canzoni cantate, a Michele fanno morire da ridere quelle triviali, più sono triviali e più si diverte. Ma inisieme riteniamo che ”Mi ha rovinato il ’68” sia un capolavoro”.
Autore: Alessandro Chetta