Volano bottiglie vuote sul palco principale del Rock en Seine, molti ragazzi abbandonano la scena e vanno via, le ragazze piangono a singhiozzi. Forse è l’ultima volta che abbiamo visto un pubblico a un concerto degli Oasis. A un non concerto. Il palco vuoto racconta la fine (ennesima) di un gruppo che, piaccia o no, ha fatto le fortune del brit pop e del rock inglese del decennio passato, tra bei pezzi (all’inizio), album discutibili (ultimamente), litigate furiose tra i fratelli Gallagher e riappacificazioni, e l’ovvia disputa su chi sia il miglior gruppo brit degli ultimi anni (gli altri erano i Blur che, strano destino!, sono pronti alla reunion in vista di alcuni concerti nei prossimi mesi)
Questa settima edizione del festival parigino è la fine degli Oasis, fino a prova contraria (prove che i fratelli Gallagher hanno, negli anni scorso, puntualmente portato). Un festival che non ha una buona stella: l’anno scorso, infatti, era stata Amy Winehouse a mancare all’ultimo minuto, cancellando il concerto e l’anno prima il sempre puntualissimo Pete Doherty aveva fatto “solo” un’ora e mezza di ritardo, costringendo gli organizzatori a modificare esibizioni e palco.
Prima del “dramma collettivo” tutto stava andando per il verso giusto, più o meno. Alle 16 arrivo al festival e vado a fare un giro a vedere che dicono i Keane, mai stati tra i miei gruppi preferiti, e subito mi rendo conto del perchè. Tom Chaplin ha la faccia simpatica, si agita come un pazzo sul palco con la magliettina gialla e le gote completamente rosse. Credo che se lo incontrassi per strada non lo immaginerei mai come leader di un gruppo che, sulla scia di Coldplay e Travis, cercava di fare il suo onesto lavoro di cantautorato brit, e che grazie al singolone “Everybody’s changing” si era aperto uno squarcio nel mondo di quelli che contano (Hopes and Fears fu Best Album ai Brit Awards del 2005). “Everybody’s changing and I don’t know why” ricordo che cantavano tantissimi ragazzi appena partiva la canzone (anno di grazia 2005) e la cantano ancora, a squarciagola! Insomma i Keane si fanno ascoltare, e su questo non ci piove, Chaplin ci mette tutto se stesso e va bene, ma giocandosi il singolone subito, il resto prosegue abbastanza piatto con singoli di successo come “Is it any wonder”, “Somewhere Only We Know”, alternati a pezzi tratti dall’ultimo album Perfect Symmetry.
Sul Main Stage, nel frattempo, mi sono perso Just Jack e Asher Roth e mi perderò anche Amy Macdonald (tra le prime a dare, via twitter, la notizia del litigio Oasis), dato che la mia scelta cade sul rimanere sul secondo palco aspettando gli Yeah Yeah Yeahs, che con “It’s blitz” hanno cacciato fuori uno dei migliori album dell’anno. Arrivo quasi sotto al palco (e non capiosco perchè la gente se ne va dopo i Keane dato che di là ci sono i Gush…eh? O forse è proprio per la Macdonald!), aspetto lo spettacolo di Karen O e non me ne pento. Nonostante l’assurdo vestito della frontwoman americana il live degli YYY’s mantiene le promesse. Rock, dance, e chi più ne ha…Pescano per un’ora e un quarto dai loro tre album e il pubblico apprezza e si vede. La gente comincia a fluttuare in aria. Mano mano si moltiplicano e sembra ci sia più gente con i piedi in aria che a terra. Inutile, si balla, è impossibile stare fermi…e si poga, ovvio.
Gli YYY’s salutano dopo un’oretta e un quarto e sarebbe la vota dei Madness (redivivi!) che non sarebbe male ascoltare. Faccio due calcoli. Sul terzo palco stanno suonando ancora i Passion Pit, che in Francia hanno accolto come la next big thing, i Madness dovrebbero cominciare alle 19 e 15, ma mi sa che la cosa si dilunga e sul main stage alle 20 ci sono i Vampire Weekend, uno dei motivi principali della mia venuta qui. Insomma che faccio? Vado a mangiare, sì! Angolo world food. Libanese? Etiope? Italiano? Ehm, italiano no! Giapponese? Mi basta quello sotto casa. Francese? Creolo? Ecco, creolo. Insomma mi faccio un panino con un pollo cucinato in maniera creola…mi sa che m’hanno fregato, però il panino è buono.
I Madness hanno cominciato. Vecchietti ma con una forza che non t’aspetti! Ska ska ska ska…e con questo sottofondo prima vado a bere acqua del rubinetto, che qui stanno promuovendo alla faccia della minerale, e poi vado a vedermi un paio di mostre che fanno da corollario al festival. C’è quella dei quadri ispirati ai gruppi del festival (lo vidi già con i Malleus al Neapolis Festival di qualche anno fa…) e quella fotografica (che si svolge ogni anno e si chiama Rockfolio, che quest’anno vede protagonista il fotografo francese Robin), che non è male.
Alle 19 e 40 sono sotto al palco principale in attesa dei VW, consapevole e dispiaciuto per la consapevolezza di essermi perso Bill Callahan (ex Smog) sul terzo palco. Il concerto dei VW conferma il mio apprezzamento per uno dei migliori gruppi dell’anno scorso. Anche loro, però, come i Keane, tutto sembrano fuorché rockstar. Camice a quadrettoni, aria per niente cool – e meno male – e continuo dialogo col pubblico. L’album omonimo lo suonano tutto e ovviamente per coprire l’ora che gli spetta lo integrano con nuove canzoni. Testano insomma un po’ di pezzi. “Universal Song”, “Ladies of Cambridge”, “Cousins”, sono alcuni dei titoli, che a dire la verità non mi hanno convinto tantissimo, seppur conscio del fatto che per apprezzare al meglio un album, solitamente il primo ascolto non mi è mai utile. Rimango della mia idea, i VW sono uno dei migliori gruppi in circolazione.
Sono le 20 precise e il gruppo saluta. Molti corrono che di là cominciano i Bloc Party. E qui mai scelta fu più sbagliata. Preso da un raptus protoadolescenziale decido che, mentre i BP potrò rivederli in qualche altro concerto, probabilmente gli Oasis si scioglieranno (lo dicono da giorni tutti i più importanmti giornali britannici, musicali e non) e questo sarà il primo e ultimo concerto dei fratelli G. a cui assisterò. E sto anche sotto al palco! Insomma sopravvaluto il momento, sbaglio nell’attribuzione delle priorità, mi lascio trasportare dalla voglia di vedere l’ultimo concerto di…Insomma faccio una cazzata.
Il sole sta andando via e la brezza della Senna comincia a farsi sentire. La gente però è contenta, e aumenta sempre di più. Sul palco però i preparativi vanno a rilento e alle nove meno cinque, il cambio palco è fermo. Dopo cinque minuti entra un piano, ma non sembra roba Oasis. “A causa di un litigio tra i fratelli G. il concerto degli Oasis è stato annullato”, dice una voce dal palco: “Ce ne scusiamo”. È uno scherzo! “In seguito ad un litigio nel gruppo il concerto degli Oasis è annullato” appare su uno dei maxischermi a finaco al palco. Non è uno scherzo! Ok scriviamo un pezzo al volo sullo scioglimento del gruppo (quello che Freakout e AgoraVox hanno dato per primi in Italia), potenza dei cellulari. E ora? I BP sono andati, gli Oceana non li conosco e chi rimpiazza gli Oasis? Ovviamente i più giovani della giornata: i “Madness”, che si prendono gli applausi e la stima di chi è sotto al palco. La gente non va via e i Madness fanno quello che sanno fare: show. Le prese in giro si sprecano, note gallaghiane si insinuano a sfottò nelle linee di chitarra madnessiane. “Sono molto dispiaciuto (pausa ndr) – dice Graham “Suggs” McPherson, voce della band, per poi aggiungere – Non è vero, non lo sono per niente (I’m not fucking sorry). Ska music”…
Da star acclamate e attese a zimbelli della serata, gli Oasis hanno perso anche l’ultimo briciolo di credibilità in questa serata parigina. La prima giornata del festival volge al termine. Il freddo aumenta, lo ska mi basta e i Vitalic li abbandono. E poi se la metro chiude… sono cazzi!
Autore: Francesco Raiola
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