Benchè il settore “Per Ragazzi” non esista nei negozi di dischi (se non rinchiuso in uno snello scaffale dedicato alle colonne sonore dei cartoni animati più in voga al momento dell’acquisto), spesso anche le note, come i libri, sembrano appartenere ad un mondo anziché un altro. L’ultimo lavoro dei Mariposa – dal titolo omonimo – pare pescato dall’universo dei più giovani. Quasi un insieme di racconti musicati, di melodie ricoperte di glassa colorata. Ma dal sapore non sempre dolce. Il tutto, senza che l’anima del disco perda la solidità che ha fatto propria in undici elettroniche tracce.
“Mariposa” è un album spiazzante per la sua leggerezza, disarmante come una verità detta da un bambino. Geniale come l’intuizione di un piccoletto e fresco come un pensiero infantile.
Un paradigma di metafore che il gruppo ha lasciato costruire su di sé da quella perfetta sintesi stilistica che era “Proffitt Now!” – risalente a quattro anni fa.
Ora i testi si riempiono di pop e si intromette qua è là qualche ospite come Daevid Allen in “Clinique Veterinaire” che canta in un simpatico italiano. La filastrocca “Zia Vienna” cantata tutta d’un fiato dalla voce di Alessandro Fiori è una chicca impedibile, verrebbe da dire un brano da collezione.
Poi si passa dai non-sense di “Zucca” alla realtà di “Sudoku”, tutte tracce maneggiate con impeccabile dedizione dalle tastiere di Michele Orvieti, dal piano elettrico di Gianluca Giusti, dal basso di Valerio Cane, dalla batteria di Enzo Cimino, dalla chitarra di Rocco Marchi e dall’indispensabile tocco dei fiati di Enrico Gabrielli. Insomma, una banda di maestri capaci di mettere su disco la divertente pensata di giocare con la musica e farlo in maniera tale da arrivare solo ai grandi. O meglio: confondendosi tra le polverose copertine di centinaia, migliaia di dischi. Tanto si sa, la musica “Per Ragazzi” non esiste!
Autore: Micaela De Bernardo