I Buffalo Tom hanno cominciato la loro carriera, alla fine degli anni 80, ispirandosi in maniera evidente per i primi due album all’alt-rock di gruppi come Husker Du, Pixies o Dinosaur Jr. Solo con Let Me Come Over il terzo album datato 1992 i Buffalo Tom si l’affrancano dai modelli degli esordi per avvicinarsi ad un suono più pulito, più tradizionale.
La formazione di Boston non riuscirà mai ad ottenere il successo tutto sommato meritato ma regalerà un pugno di gioielli in grado di scaldare i cuori degli ascoltatori, epiche cavalcate elettriche o struggenti ballate.
Dopo il 2007 anno in cui era uscito Three Easy Pieces, il gruppo era ormai uscito dai radar del pubblico e della critica e se ne erano perse le tracce. Nel 2011 ritroviamo nuovamente Bill Janowitz, Chris Colbourn, Tom Maginnis a festeggiare 25 anni d’attività. Skins è forse l’album migliore, tenendo conto che il tempo passa per tutti e mantenere l’intensità della gioventù non è possibile. Per questo il gruppo attinge a piene mani alla tradizione musicale americana (Neil Young, The Band, Tom Petty, Dylan). Nonostante Skins si avvii con Arise Watch e Down dove l’elettricità scorre sottotraccia e non manchino accelerazioni come Lost Week End e The Kids Just Sleep, la peculiarità dell’album risiede essenzialmente nelle ballate.
Canzoni intense dove Janowitz mette in mostra tutta la sua abilità nello scrivere melodie e la sua voce calda. Basta citare la lenta e malinconica Paper Knife o la crepuscolare Out In The Dark.
Skins forse non aggiunge niente al rock, ma i Buffalo Tom hanno comunque il merito di aver tirato fuori un disco ben sopra la media, senza una canzone fuori posto. Avrebbero meritato in passato una miglior sorte, ma speriamo che questo possa rappresentare una sorta di riconciliazione, un risarcimento per tanti anni di oblio. Niente di più e niente di meno. Per la cronaca oltre alla normale edizione, Skins è disponibile in una edizione deluxe contenente versioni demo e b-sides, scusate se è poco.
Autore: Alfredo Amodeo