Armati di strumenti musicali autocostruiti, utilizzando scarti da riciclo della quotidianità urbana ed industriale, i napoletani Capone & Bungt Bangt oggi incidono un disco intitolato Dura Lex che inevitabilmente li vede più sicuri di sé, e coscienti dei propri mezzi e di cosa vogliono fare, dopo l’esperienza sanremese a sostegno di Daniele Silvestri, due anni fa, e le tournèe nazionali che accesero i riflettori su di loro. Proprio l’influenza del provocatorio Daniele Silvestri sembra ora avvertirsi nella scrittura di Maurizio Capone, bravo percussionista jazz, autore di tutti i pezzi, e così dalle 10 canzoni di questo disco emerge un quadro graffiante della nostra società, un ritratto piuttosto preoccupante ma denunciato attraverso paradossi, metafore, scherzi – qui la differenza con i concittadini ‘A 67, Jovine e Merolla – e spariscono sempre più i legami con la musica popolare mediterranea, che i Bungt Bangt agli esordi pure praticavano, e che restano ora solo nel leggero accento napoletano di Capone. Testi tutti in italiano, suoni tra funk, reggae urbano, soul ed hip-hop che invitano all’impegno sociale, ad un comportamento più responsabile e coraggioso, idealista, ambientalista. Basta con le rassicuranti canzoni romantiche – ce ne sono solo un paio, nel disco – dice Capone in ‘Un’altra Canzone’, laddove c’è bisogno di aprire gli occhi sul Mondo, agire, e c’è una decisa polemica contro il consumismo e la logica del profitto in ‘Dura Lex’, forse la canzone simbolo dell’album, con un ficcante ritornello soul-funk. ‘Black’ invece è sull’intolleranza, l’ipocrisia e la negatività che possiamo tirarci addosso da soli, mentre ‘Bianca’ parla dell’Africa grande mamma, un funk assolutamente in stile Daniele Silvestri, che metaforicamente denuncia il razzismo, narrando di magliette bianche e nere; e ‘Bianca’ si ricollega al pezzo più ficcante, intitolato ‘Bello’, che con un’altra azzeccata metafora parla del controllore che pretende il biglietto dal passeggero, ma difatto allude ad immigrati senza permesso di soggiorno, carte bollate, timbri ed autorizzazioni per uscire dal ghetto della miseria.
Chiusura con ‘Blokko del Traffico’, altro funk rock, stavolta sull’inquinamento, sulle polveri sottili ed il petrolio che ci avvelena nei giorni pari.
Autore: Fausto Turi