Siamo alla solita cecità all’italiana. Quello che ancora ci chiediamo in tanti è: come fa un popolo come il nostro a non avere ancora l’acume per riconoscere i giusti meriti a quegli artisti già apprezzati all’estero ed invece ignorati (o quasi) da noi? L’ennesimo caso che “nemo profeta in patria” è rappresentato dal trio gardesano The Bankrobber, fondato una decade fa dai fratelli Oberti (Giacomo e Maddalena) con un percorso che annovera un e.p. e tre albums. Il nuovo “ Lighters and lovers” alza di un’ulteriore spanna il livello qualitativo portando la formula new-wave/dream pop in cima al gradimento totale. Si, perché gli 11 brani in essere abbracciano un tragitto lineare tra dark e melodia, con un’ esimia quadratura globale che suscita più di un fitto ricordo del passato ma, occhio a non chiamarla operazione nostalgia!
E’ pur vero che ciò che senti ti sbatte indietro agli anni ‘90/’00 ma il combo ha saputo attualizzare il tutto con miniature pertinenti come il singolo “White skin” che pulsa con cuore elettro-wave o l’efficace oscurantismo dreamy di “Kill my name” o la semplice curvatura sospensiva di “Bury the softly”. Per non parlare, poi, della caleidoscopica “Leash died (shouldn’t cry)” che ingloba olezzi fra Cure, Ride e l’effettistica tipica dei The Knocks (“The key”). Però, curano anche la comfort-zone di “Carry me on” con cullatura d’acustica sognante, mentre l’assetto di “Always wrong” è pregiato da una guitar tremolante in aere western. A seguire, sfreccia “Hate me” con un formidabile punk-wave che fà mangiare polvere a chi gli sta dietro e, per tagliare il traguardo, sfila la romantica asserzione di “Floating” che gode di ampi orizzonti sontuosi e sinuosamente catchy. Dunque: “Lighters and lovers” sfodera la prodezza che serve per ambire al mercato internazionale e questo è, in definitiva, ciò che importa ai Bankrobber. Inutile perder tempo in terra natia finché un popolo pop-ettaro non dimostri un evolutivo gusto per la bella musica. All’occorrenza , qui la trovate alla grande.
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autore: Max Casali