Ho comprato casa sulla Luna/qui non ci sono oceani da solcare/ma crateri da riempire: questi versi della poesia che si trova nel disco di Bruno Bavota, a tre anni di distanza dal poco noto esordio con Il pozzo d’amor, dicono chiaramente qual è la dimensione spaziale e onirica del disco.
Dieci melodie strumentali al pianoforte, intense e pure, in stile modern classical con tendenza forte verso il minimalismo, fanno di questo disco il giusto trionfo per un autore dal curriculum di tutto rispetto e fin qui troppo sottovalutato.
Bastano i suoi riconoscimenti a dirci che Bruno è il terzo elemento virtuale (dopo Allevi e Einaudi, già arrivati al successo) che mancava al modern classical italiano per parlare di autentica tendenza vincente: dopo alcuni brani scelti per accompagnare spot anche noti, dopo la vittoria con la sua band Adailysong al premio “eccellenza napoletana” al PAN di Napoli, Bruno Bavota comincia due anni fa a portare il suo pianoforte anche altrove: suona al Palab e all’Oratorio di Santa Cita di Palermo, partecipa al MusicaW Festival e al Biella Festival con la sua band, e al “Go on Stage” al Twiggy Club di Varese, e al Future Contest di Roma, e ancora al Reset Festival a Torino, stavolta in versione solista.
Ma è il 2013 l’anno della svolta: mentre esce il nuovo disco, il 2 aprile viene scelto fra migliaia di artisti per suonare alla Royal Albert Hall all’evento di apertura dell’Accidental Festival, dove suona sul famoso Red Piano di Elton John. A Londra, due giorni dopo, gira anche alla St. Pancras Station il primo videoclip del disco, il singolo Amour.
La casa sulla Luna, come del resto già Il pozzo d’amor, ha raccolto fin qui un numero incredibile di recensioni entusiastiche che lo hanno salutato con successo, e a questi entusiasmi aggiungiamo convintamente anche il nostro: Bavota non ha niente da invidiare agli altri due talenti italiani del piano, e in particolare si muove sulla scia di Einaudi, a cui è stato comparato, per la predilezione della melodia e della semplicità sul virtuosismo e la sperimentazione.
A questi tratti, aggiunge anche una tendenza all’essenziale (pochi giri melodici che si ripetono con poche variazioni, in modo da incidere sull’emozione dell’ascolto) che lo porta a paragoni anche fuori Italia (pensiamo a Olafur Arnalds e Nils Frahm).
Inoltre, il bravo 29enne non lascia al caso la composizione dei pezzi: Il Dito si muove sul vetro appannato è ispirato a una scena del film This Must be the Place di Sorrentino, mentre la ballata romantica L’uomo che rubò la Luna è ispirata al furto che Thad Roberts fece alla NASA di 100 grammi di polvere di rocce lunari per donarli alla sua donna. Col violoncello di Marco Pescosolido e il violino di Paolo Sasso in alcuni brani ci si muove dal minimalismo puro di Amour (il pezzo più incisivo, 2.49 minuti di pura e solare gioia compositiva), o di Seguimi Amore, come accade per esempio in C’è un cinema Laggiù, o in Buongiorno, Buonanotte o nell’emozionante Cielo Blu Notte.
Insomma quasi nulli sono i difetti di questo disco, tanto che a volerli trovare si dovrà dire che la melodia è tanta ma la sperimentazione o la ricerca del nuovo è poca. Tuttavia questa caratteristica fa proprio parte del senso del pianoforte di Bruno, non a caso in questo paragonato a Einaudi e più lontano senza dubbio da Allevi.
La copertina disegnata da Luca Scognamiglio non potrebbe essere migliore introduzione a questo capolavoro: ti introduce subito alla dimensione fiabesca, sognante e sognatrice di un disco che è presentato dallo stesso autore come “contenitore di sogni e speranze, […] una casa dove poter essere più vicino alle stelle, convinto che l’anima umana non ha uno scopo ma un’esistenza, semplice e necessaria come il brillare delle stelle”.
Semplice e necessaria, come appunto la melodia dolce di questa fiaba in note in dieci episodi. Non ci resta che aspettare aprile 2014 quando uscirà il suo quarto capitolo dal titolo The Secret Of The Sea su etichetta Psychonavigation.
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autore: Francesco Postiglione