Studiare i molteplici e bizzarri incastri di questi musicisti canadesi è divertente quasi come ascoltare “Folkloric Feel”. Che, detto in via incidentale, è un CD stratosferico. Ma andiamo con ordine. I Broken Social Scene, ormai lo sappiamo un po’ tutti, rappresentano la big thing dell’indie rock attuale. I loro rapporti con i GY!BE e compagnia cantante (e suonante, soprattutto), non mi sono chiarissimi, ma poco importa, perché saranno pure fatti loro, no? Bene. I rapporti con questo spin off, invece, sono piuttosto semplici, dal momento che Andrew Whiteman, chitarrista dei BSS, è il leader degli Apostle Of Hustle, e principale artefice di “Folkloric Feel”.
L’occasione per dare vita a questa delizia è un viaggio a Cuba, durante il quale il Whiteman approfondisce la conoscenza delle birre locali e del tres, uno strumento a corda simile alla più nota chitarra. Tornato a Toronto, avvia una collaborazione ad alto tasso alcolico con Julian Brown (basso) e Dean Stone (batteria), fino a dare vita al progetto AoH. Che, per la verità, su disco si arricchisce dell’apporto di altri membri dei BSS e di Feist, nel più puro stile casinista che, ormai lo si è capito, caratterizza da sempre tutto ciò che di musicalmente rilevante esce dal Canada. Progetto collaterale, si diceva, ma lo spessore di questo album è tale che ci potrebbero campare diversi gruppi. “Folkloric Feel” rappresenta uno dei rari momenti artistici in cui bellezza ed armonia comunicativa si fondono alla perfezione, un lavoro in cui gli antipodi si toccano, dove asimmetria e linearità si incontrano in linee melodiche spezzate, frammentate da una potenza espressiva mai trattenuta.
L’iniziale, omonimo, pezzo, rappresenta la summa del meglio che il panorama indie possa oggi offrire, un’opera in tre parti che già da sola varrebbe l’acquisto del disco. La successiva ‘Sleepwalking Ballad’ sveglierebbe qualsiasi sonnambulo, con le sue stratificazioni di chitarre e il feedback che esce a tonnellate dagli amplificatori. Elettrizzante. ‘Song for Lorca’, dedicata al poeta e scrittore spagnolo, è una outtake di “Grace”: sentirla e avere i brividi è un tutt’uno. ‘Animal Fat’ richiama un certo mood caro ai Calexico, e qui l’influenza dei mesi trascorsi all’Avana è più forte. Eppure, Whiteman e i suoi numerosi sodali riescono sempre ad evitare l’effetto cha-cha-cha, ovvero quella antipatica sensazione di cubanismo che traspare da diversi lavori del genere. E siamo solo a 4 pezzi su 10…Sentimento, passione, violenza emotiva, tecnica. Perderlo vorrebbe dire farsi sfuggire una delle cose più belle ascoltate di recente. Imperdonabile, no?
Autore: Andrea Romito