Quando si ha a che fare con un nuovo lavoro di Daniele Sepe si prova sempre un certo imbarazzo, perché dover recensire un lavoro dell’artista partenopeo, uno dei rari musicisti italiani della sua generazione – nel senso più completo del termine – significa confrontarsi, se non ogni volta con dei capolavori, con dei lavori di una vastità e di una completezza unici al mondo.
Il sassofonista, infatti, non solo ci ha abituato alla miscelazione di linguaggi ma anche alla ricerca di suoni particolari, poco conosciuti e provenienti da tutto il mondo, che lui riesce con enorme abilità a rielaborare e a metterci molto della sua impronta jazz-prog e funk.
La sconfinata curiosità per la miscelazione dei mondi e dunque dei diversi linguaggi artistici questa volta lo ha portato a confrontarsi con il disegno e con il fumetto.
“Canzoniere illustrato” è soprattutto un volume di 106 pagine nelle quali i 12 brani del disco sono accompagnati da altrettanti fumetti, che sono stati realizzati dai maestri del colore: Mauro Biani, Squaz, Kanjano, Akab, Kranti, Rosaria Cefalo, Shaone, Fulvio Cozza, Giuseppe Guida, Antonino Iuorio, Marcella Brancaforte, Tony Afeltra, Enzo Troiano, Giuseppe Guida, Luigi De Michele, mentre la copertina è stata affidata ad Altan.
I brani sono molto diversi tra loro, per origine, stile e provenienza. Ovviamente al centro dei pensieri di Sepe ci sono sempre gli sfruttati, i vessati, insomma non solo i proletari, ma tutto ciò che nel mondo è sottoproletariato e deviante rispetto ai benpensanti.
Come ogni vero Artista Sepe va alla ricerca di brani in cui l’autore si è posto nell’ottica dei protagonisti, così la melodia jazzata di “Bammenella ‘e’ copp’ ‘e quartieri”, di Raffaele Viviani, è la storia di una prostituta che ha fatto di tutto per difendere il suo protettore dalle forze dell’ordine.
Sulla stessa lunghezza d’onda si pone il tradizionale “Canto dei Filangeri”, rielaborato seguendo una storia di malavita napoletana il cui protagonista si vendica del magistrato per essere stato arrestato.
Gli schiavi dei nostri giorni, nell’opulento occidente, sono i migranti per cui Sepe dedica a questi la messicaneggiante “Despreciado me voy” di Juan Naverrete e Javier Solis.
L’unico brano non tradizionale e scritto di suo pugno, insieme a Paolo Romano, è “Fuori contesto”, nel quale il nostro lascia il sax per dedicarsi al computer programming, che sostiene, insieme alla chitarra di Marcello Giannini, la voce dello stesso Romano in un ragamuffin etnico, il cui tema è un’amara fotografia delle ingiustizie italiane contemporanee fatte di bung bunga, lobbisti e liberisti.
A modo suo Daniele Sepe omaggia i problemi che hanno attraversato e che stanno attraversando i Balcani con diversi tradizionali, si tratta dello jugoslavo “Ajde Jano”, di quello Romanì “Sin la tale iaca” (il più frizzante e ballabile) e di quello greco “L’incubo di Persefone”.
Autore: Vittorio Lannutti