“L’anima non ha alloggi … è una questione di mille incroci … l’anima non ha stagioni ma sprofonda nella follia di mille incroci …” sono i crocicchi che presiede il diavolo, quelli degli incontri e delle fusioni.
Ed è cosi che Salvo Ladduca, come Nazarin, dà alle stampe “1981” (Viceversa Records), un disco che segna una frattura netta nella forma, ma non nei “contenuti” dal precedente “La Mattanza dei Diavoli”.
Se, infatti, la struttura compositiva si inchioda in un cantautorato screziato di musica tradizionale e all’occorrenza elettrica-elettronica, le tensioni, nelle abrasioni sonore e liriche che emergono, rimandano alla matrice originaria alla quale Ladduca ci aveva abituati.
Come nell’omonimo brano di Giorgio Gaber “1981” dove “Il vecchio saggio e il bimbo appena nato guardavano la notte dove il caso è in agguato” … Nazarin, con saggezza, racconta e pone riflessioni sulla vita e su un’esistenza in cui “manca tempo … mancano iniziative, mancano cicli, mancano passaggi dei crolli che non abbiamo udito” e “dove si muove l’inferno della notte”; perché la “genesi è nel pianto dei bambini”.
Apre il disco la strumentale “Bronte”, possibile outtake di “Crêuza de mä”.
“Davanti agli occhi”, riporta l’ascoltatore su trame più folk con un funzionale cadenzato ritmo, prima che le distorsioni sprofondino il pezzo nella bella “Davanti agli occhi”, in cui vive forte lo spirito di Battiato.
“Genesi” spariglia le carte con la sua insistente elettronica, spostando l’ascolto su altre direttrici, prima che “Girotondo” ristabilisca la rotta all’“Ombra” delle “Canzoni della Cupa”.
“Nei giorni mirati mali, nell’ora del niego, nei momenti sbiaditi” è la desertica dichiarazione d’amore di “Per averti sul cuore”, sublimata nella tranciante e vera affermazione, soprattutto per la nostra contemporaneità, che “le famiglie sono un dono”.
“Aspettando l’alba” il giorno si apre, “nell’esplosione delle virtù della crescita interiore”, sulla profonda “Artaud al macello” (che vede la collaborazione di Mauro Ermanno Giovanardi) con un quanto mai attuale richiamo a Karl Popper e al suo paradosso.
In “Perditi con me” ritornano echi di Battiato, con chiusura strumentale di pregio, che sarebbe dovuta solo durare di più … chiusura che caratterizza anche il brano finale “Domani si parte” con una slide e un incedere da “On every street”.
‘Penso alla mia vita come un’ammaliante racconto dove si narrano le gioie, gli incontri, la vita con le sue scoperte, le sofferenze, la sacralità degli eventi vissuti con tanto sentimento.
Da bambino sono stato sempre amante dei dettagli, gli occhi a catturare ogni movimento divino, orecchie a sentire racconti, canti e rumori quotidiani, in silenzio, contemplando e meditando. Più che un’opera musicale “1981” è un’esperienza carnale e spirituale, apnea di ricordi dove riassaporo sensazioni nello spazio dilatato del tempo vissuto, tutto ciò che mi è arrivato “davanti agli occhi”: vite, storie di sortilegi e fattucchiere, storie di quartieri degradati, storie di amori e abbandoni. Dentro questa lava densa di emozioni, accanto a maestri e a semplici persone che hanno arricchito la mia vita e il mio cammino. Tutto questo condiviso, suonato e vissuto con degli ottimi musicisti, professionisti di nobile umiltà e determinato talento’.
Salvo Ladduca (Nazarin)
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autore: Marco Sica