Dopo l’esperienza dello scorso anno, la nostra prima volta a Vasto e al Siren Festival, abbiamo deciso di inaugurare così l’inizio della nostra estate.
Proviamo ora, nel mezzo di un torrido inizio agosto, a fare ordine tra pensieri e sensazioni e a proporre una riflessione su cosa è stato questo il Siren Festival e in che modo si riconfermi come uno degli appuntamenti musicali più interessanti.
Il festival è cresciuto e in grado di accrescere, con spunti sempre nuovi, l’interesse e l’attenzione del pubblico a cui si rivolge. Si è aperto a nuovi target con una line-up trasversale, composta da avanguardie musicali e vecchi miti, in grado di stupire e accogliere audience diversi.
Il giovedì ci godiamo l’apertura nel bellissimo cortile del Palazzo D’Avalos con due progetti interessanti e dissimili, Malihini – duo romano trapiantato a Londra – e Taxi Wars – band rock/jazz sperimentale belga nata dall’incontro tra l’estro del frontman dei dEUS Tom Barman e il sassofonista Robin Veheyen. L’area non è ancora delimitata, non c’è folla, abbiamo tempo per cenare addirittura sedute a un tavolo che guarda il mare (perché c’è questo di bello: al Siren trovi gli amici, la musica e il mare). È un festival tutto italiano, che ti accoglie in una dimensione a misura d’uomo, che predilige i piccoli scorci del borgo, delimitati, sormontati da scenari naturali –il Cortile del Palazzo D’Avalos, i suoi giardini, Piazza del Popolo, Porta San Pietro) alle grandi aree e ai grandi palchi e ti offre un’esperienza a tutto tondo: musica, mare, viste mozzafiato, cultura, cibo. È questa l’intuizione dell’organizzazione che si rivela ogni anno più precisa e attenta (Stardust Promotion e DNA Concerti) e che da quattro anni scommette su questa suggestiva location del centro-sud Italia.
Il cast internazionale e italiano si inserisce perfettamente nel contesto che lo ospita, rispetta i ritmi del paese e la sua autenticità: non più tessuto urbani, luoghi asettici, spazi enormi e fiere, ma paesaggio, tradizione. In questa cornice è facile capire le scelte dell’organizzazione, a metà tra sperimentazione, nuove tendenze e nostalgia.
Giovedì sera termina prsto e ne approfittiamo per prepaparci al giorno seguente per veder tutte le bellezze della zona e conoscere anche la riserva naturale con le spiagge di Punta Penna e di Punta Aderci. Ci perdiamo quindi gli show acustici pomeridiani al Lido Sabbiadoro, ma arriviamo ai giardini in tempo per l’intervista di Emiliano Colasanti a Alioscia Bisceglia che ripercorrono trent’anni di musica dei Casino Royale, del live di Emidio Clementi e Corrado Nuccini (“Quattro Quartetti”, esperimento in cui i due musicisti danno voce e suono all’opera di T.S. Eliot) e per goderci l’inizio effettivo del Festival, con degustazione di vini e tramonto che cade nel mare.
Inaugura il palco principale Jeny Hval, una grande scoperta. La compositrice norvegese, insieme a Noga Erez che suonerà il giorno dopo, rappresentano il volto femminile del festival. Una scelta molto interessante: la prima mette in scena il suo istinto provocatorio, la trasgressione, i riferimenti sessuali tutti egregiamente tradotti in sound art e in brani caleidoscopici e cross mediali; la seconda, Noga Erez, israeliana di incredibile bellezza, guarda alla trap e al post rave, rappresenta la nuova scena elettronica internazionale con brani di denuncia politica e sociale.
Nel Cortile d’Avalos suonano gli psichedelici californiani Allah Las, noi ci spostiamo dopo poco a Porta San Pietro per Andrea Laslo de Simone e Giorgio Poi. In particolare quest’ultimo ci colpisce per l’empatia che crea con il pubblico e per la bravura dei musicisti, per l’approccio quasi psichedelico al cantautorato italiano, per i testi, romantici e così realistici, ironici e profondi. Un cantautore ai primi esordi che vedremo sicuramente crescere.
Ci spostiamo al palco grande per Ghali, ma rimaniamo scettiche davanti alla sua performance che manda in visibilio centinaia di ragazzini, e aspettiamo i Baustelle.
I tre sono circondati da musicisti straordinari e questo è un primo passo per innalzare il livello della loro performance. Mettici anche un nuovo lavoro, “L’Amore e la violenza” che , a differenza di Fantasma, richiama molto lo stile e le ritmiche dei seventies, è più coinvolgente e quasi allegro per quanto sarcastico e cinico. Mettici ancora le hit del passato, da Charlie fa Surf a Gomma, e l’obiettivo è raggiunto. Ci sono piaciuti molto.
Andiamo via sul finale per riuscire ad entrare nel Cortile per il dj set di Apparat. Lo spazio si riempie quasi subito, lasciando fuori gran parte dell’audience. Questo un tema che dovrà essere sicuramente affrontato per le prossime edizioni. Sasha sa come animare il pubblico, il suo dj set allegro, saltellante, intenso. Non a caso è oggi uno dei più grandi rappresentanti della musica elettronica e della contaminazione tra i generi ( glitch, beat, musica classica).
Il nostro secondo giorno di festival si apre con un incontro sulla street art contemporanea, nei giardini d’Avalos. Siamo cotte da una lunga giornata di mare, ma pronte per un’altra serata di musica e scoperte.
La prima è Lucy Rose, cantautrice britannica chitarra e voce di una dolcezza disarmante.
Come per contrasto, dopo di lei, sul palco principale, l’esplosiva Noga Erez, che presenta il suo ultimo album” Out of the radar”. Siamo ipnotizzate dalla sua performance, è coinvolgente: bassi che prendono allo stomaco, impronta trap, testi fortemente politicizzati che si traducono in un musica violenta.
Intanto a Porta San Pietro ci aspetta Populous, sound designer italiano, eclettico e trasversale. Leccese di nascita, adottato per anni dalla etichetta berlinese Morr music data la sua impronta indietronica, oggi ci offre un live tropical, dance, mozzafiato. Maracas e fischietti, samba e tamburi. Un miracolo che abbia suonato visto che ha il vizietto di annullare i suoi show (ndd).
Ghostpoet , ovvero Obaro Ejimiwe, è protagonista sul palco principale. Blues, nu-soul e trip hop si fondono, ma non mancano atmosfere rock ed elettroniche. Il tutto modulato dalla sua vocalità che può non piacere e, a tratti annoiare.
Ci perdiamo purtroppo Carl Brave x Franco 126, nuovissima punta di diamante dell’’etichetta Bomba Dischi (la stessa di Calcutta, Pop X, Giorgio Poi per intenderci ), già mito per le nuove generazioni e non solo: sold out nel Cortile d’Avalos.
Non vogliamo assolutamente rischiare di perderci gli Arab Strap per cui ci mettiamo in coda mezz’ora prima che inizi il loro live. Gli scozzesi di Glasgow tornano sulle scene dopo anni. La nostalgia è fortissima, è esattamente quello che ci aspettavamo: Aidan Moffat e Malcom Middleton danno fondo a tutta la discografia, incantando il pubblico e riportandolo alla fine degli anni 90. Noise, rumori, riff di chitarra, violino. Il tutto su una base post rock che sembra quasi retrò. Arrivano dritti allo stomaco, scuri, lenti, malinconici. I testi sono sofferti, parlano di amori non corrisposti e sbornie. Emozioni prima di tutto.
Ultimo live della serata Trentemoller, grande scenografia e grande potenza espressiva. Scuro, cupo, stupisce il suo percorso fino ad oggi: partendo dalla deep-house, passando per l’elettronica minimal, è approdato alla contaminazione, è quasi indie. Sintetizzatori e tastiere dominano, il concerto sradica il dj set dal vivo. Trentemoller è tutto questo sovrapposto: melodie, elettronica – pop – deep-house, addirittura psichedelia.
Ultimo giorno di festival, la domenica, perdiamo il live di Jens Lekman per un ritardo che fa slittare il concerto dalle 13 alle 15.30 di pomeriggio. Peccato, la cornice della Chiesa di San Giuseppe è molto suggestiva ed è un bel modo di concludere le giornate di Siren , insieme alla grigliata nel lido Sabbiadoro di Vasto Marina.
A parlare di Siren Festival, non si può non parlare dell’empatia che si crea, del buonumore e dei sorrisi. E’ questo che lo fa diventare tappa fissa ogni anno, perchè è quasi vacanza, perché è, dal punto di vista puramente artistico, a metà strada tra la nostalgia e un approccio sfrontato e curioso verso il nuovo.
Pochissime cose da migliorare, ma: continuate così! E portiamo avanti quest’idea di Festival che è solo italiana, è solo nostra, e rappresenta forse il meglio del nostro scenario attuale.
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autrici: Serena Ferraiolo, Sara Ferraiolo