Siamo quasi a metà concerto ed è appena finita l’esecuzione di “No Cars Go“, il sudore gronda dalle fronti di tutto il pubblico, la temperatura è ai limiti del sopportabile – la conformazione di Piazza Napoleone non aiuta di certo – anche la sola formulazione di un pensiero produce sudore, ma quel gruppo di otto persone che si dimena sul palco ha deciso che nessun agente atmosferico potrà scalfire l’energia e la densità della loro performance.
Questo gruppo, come ho sentito dire da qualche vicino di posto, potrebbe essere la soluzione ideale per sostituire le centrali atomiche nella produzione di energia, secondo alcuni un concerto al giorno degli Arcade Fire produrrebbe energia sufficiente per illuminare una città di 80/100mila abitanti.
Deliri di una notte di mezza estate forse, ma non del tutto lontani dalla realtà, perchè un concerto dei canadesi tanto amati da David Bowie è qualcosa che va ben oltre il classico concetto di live, parlare di solo concerto sminuirebbe quello che in realtà è un vero e proprio show, dove non manca assolutamente nulla, dai cambi di scena proiettati sullo schermo gigante al “tutti suonano tutto dannatamente bene” .
Il set, quando ancora non è del tutto buio, inizia con il trailer del loro cortometraggio “Suburbs“, proiettato sullo schermo gigante che sormonta il centro del palcoscenico, mentre l’attacco musicale vero e proprio è affidato alla potenza di “Ready to Start“, partenza ideale per catalizzare totalmente l’energia che la piazza è capace di sprigionare.
Win Butler sembra essere nato su un palcoscenico, non perderà un colpo per tutta la serata, nonostante dopo 5 minuti sia già fradicio di sudore, il fratello Wiliam non è da meno, salta come tarantolato in lungo e largo per tutto il palco, soprattutto quando picchia duro sul tamburo che imbraccia durante “Rebellion” e “Neighborhood 2 (Laika)“.
Non è contemplata nessuna sosta in questa maratona musicale che straborda entusiasmo e provoca meraviglia, non ci sono argini a bloccare questo fiume che travolge tutti e tutto.
A metà concerto, di seguito, eseguite come se fossero una sola lunga suite arrivano Power Out, Tunnels e Rococo, dandoci ancora una volta ampia dimostrazione di come questi otto canadesi siano non solo un formidabile ensamble, ma, grazie alla facilità con cui si alternano e si scambiano agli strumenti, soprattutto degli strepitosi musicisti.
Quando conquista la scena centrale miss Regine Chassagne riusciamo addirittura a respirare, l’emozione di tutta la piazza è fortissima e si sente pienamente, la signora Butler, ornata di drappi che fa volteggiare nell’aria, ci regala prima un “Haiti” trasognante come le immagini che si alternano nello schermo dietro di lei e poi una “Sprawl II” farcita di vaghe sonorità eighties, mentre il suo consorte si riposa e si cimenta tra l’organo e la diamonica.
La densità dello show, anche dopo questa parentesi relativamente più lenta è sempre altissima, Win Butler si riappropria della scena principale, ricordandoci in almeno un paio di occasioni che “You are fucking amazing!” e questa constatazione sembra il preludio ideale a quello che sarà il finale, a quel momento che trasforma quello che è uno show di primissimo ordine in qualcosa di assolutamente leggendario e indimenticabile.
Le prime note di “Wake Up” producono un effetto-stadio, il coro liberatorio che parte dalla piazza tutta ci catapulta in una dimensione che forse solo in una curva del Camp Nou o del Santiago Bernabeu è possibile provare, una sensazione orgasmica che coinvolge voci, corpi, luci, decibel e strumenti, ultima opera collettiva questa che forse, una volta per tutte , definisce il concetto di epicità in musica.
Autore: Alfonso Posillipo
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