Addio a Risi: seppe mettere il genio italico davanti allo specchio della vanità
Dino Risi era molto amico di Michelangelo Antonioni. Quest’ultimo si rammaricava, a fronte del guizzo creativo del collega milanese, che i film come “Pane amore e…”, gli ammiccamenti irrichiesti dei poveri ma belli, eccetera, non facessero bene al cinema italiano, noto al mondo per il suo chiarore neorealista. Per tutta risposta il Dino consumò la vendetta nei confronti del sodale Michelangelo a mezzo Gassman. Il simpatico cialtrone del “Sorpasso”, ricorderete, uccellava “L’Eclissi” di Antonioni confessando a Trintignant: “Gran film eh? Me so fatto na bella pennica”. Ecco, volevo giusto comunicarvi questo. E forse è pure un aneddoto che straconoscete ma raccontare lo scomparso (7 giugno 2008) papà della commedia all’italiana (come s’incazzava quando gli dicevano così! Maestro mi perdoni da lassù) significa descrivere proprio la “cattiveria” dell’illustre scomparso che si è fatta piacevole prosa cinematografica. Cattiveria senza orrore, quella infusa ai suoi duttili personaggi, ma anche priva di àncore di salvataggio se non l’arte di tirare a campare. Sullo schermo si imprimeva, in sessant’anni di carriera, la asprigna allegria del pugile suonato – l’Italia – che dagli anni ’50 si rimette in piedi e strasogna l’America.
Italiani, simpatiche canaglie, di più: mostri. Personalmente ricorderò il Grande Dino così, attraverso le sfumature delle sue invenzioni: Alberto Sordi che in “Una vita difficile” (1961) prende a schiaffi il padroncino; Nino Manfredi che, pure lui, ma 7 anni dopo, schiaffeggia il cumenda veneto che gli appena dato del cretino davanti agli ospiti della soirée massonica (“Straziami ma di baci saziami”, autocitazione, mitico); Gassman che “rivela” a Trintignant che il suo amico d’infanzia, Occhio Fino, in realtà ha gusti omosex. “E tu come lo sai?” “Eh per forza – risponde Gassman – occhio-fino, finocchio, ma perché non te n’eri accorto?” (“Il Sorpasso”, 1962, film già definitivo sul boom italico); Maggie, conturbante lady gangster che a detta do’ Barone (Pinuccio Ardia) “ten ‘a pelle e porcellana” (“Operazione San Gennaro“, 1968). Infine – “Profumo di donna” (1974) – ancora Vittorio Gassman, cieco, sulla terrazza su via Caracciolo che spara al suo amico, il capitano, e un po’ anche al tradimento di una nazione, sulla rapida via del regresso. Ahi serva Italia, che però il Dino ha osservato con occhi mai vendicativi.
Autore: Alessandro Chetta