Era annunciato come il concerto dell’anno, e questo è stato. L’unico concerto italiano di Iggy Pop & The Stooges ha richiamato cinquantamila spettatori convenuti a Torino, da ogni parte d’Italia, per l’ultima giornata del Traffic Festival. Il clima prima del concerto è di autentica festa. Presente tutto o quasi il “gotha” della critica musicale italiana, tantissimi i musicisti presenti: dalle Motorama ai Julie’s Haircut, passando per alcuni componenti dei Satantango ed un redivivo Luca Re che ci aggiorna sui suoi progetti futuri. Giancarlo De Chirico, autore di “Rock’n’roll Soldier” uno dei libri più autorevoli scritti su Iggy Pop e Rupert, storico conduttore di Radio Rai e grande fan di Iggy Pop, snocciolano i ricordi di tutti i concerti dell’Iguana visti finora, ma hanno un solo obiettivo, che centreranno nel post concerto, che è quello di incontrare la band. Man mano che trascorrono le ore, nonostante il festival offra altri spettacoli in location diverse, l’arena del Parco della Pellerina si riempie a dismisura, e quando salgono sul palco i supporters Dirty Americans, tutto è pronto per l’inizio della festa. I Quattro giovanissimi, anche loro di Detroit, snocciolano un divertente set concentrato di hard rock stile seventies adatto a scaldare la serata. Subito dopo, preceduti dalle note di “Kick Out The Jams” degli Mc5 salgono sul palco Iggy & The Stooges. In poco più di un’ora di concerto e con una scaletta ridotta al minimo, che non presenta brani del leggendario Raw Power, Iggy Pop & The Stooges hanno materializzato l’essenza del rock, in un concerto memorabile. Senza un attimo di respiro i fratelli Asheton, il grande Mike Watt (ex Minuteman/Firehose) leggenda dell’underground americano, che sostituisce lo scomparso Dave Alexander, ed Iggy Pop mettono in scena il più grande rock show in circolazione. Il trittico iniziale è da brivido. Le selvagge versioni di Loose, Down on The Street e 1969 scatenano il pubblico in un “pogo” ai limiti della sopravvivenza umana. Sul palco Iggy Pop annuncia che siamo di fronte agli unici, originali “fuckin’ Stooges” e fa tutto quello che ci si aspetta da lui: contorsioni, salti, urla, mimica di lascivi rapporti sessuali con la montagna di amplificatori Marshall, dimostrando, se ancora ce ne fosse bisogno, che lui è l’unico re del rock esistente. L’essenza di questo status la si coglie nella fisicità con cui interpreta ogni brani, nonostante le 57 dure primavere che si ritrova sulle spalle. Brani come I Wanna Be Your Dog, l’epocale T.V. Eye e Dirt scatenano ancora di più il pubblico. E quando durante l’esecuzione di Real Cool Time lancia il microfono al pubblico, si abbatte ogni barriera. No Fun rappresenta l’apoteosi, alcuni temerari delle prime fila invadono il palco per cantare insieme al loro idolo. La band fa un passo indietro ma continua imperterrita a macinare suoni granitici, la security fatica a contenere l’entusiasmo, ma è lo stesso Iggy Pop a volere i “fucking dancers” al suo fianco anche lanciando la successiva 1970. Funhouse legata in medley con L.A. Blues chiude i ponti con il passato, aprendo la pagina dell’attualità dei brani composti con gli Stooges per il suo ultimo lavoro. Skull Ring, Dead Rockstar e Little Electric Chair sono il segno di un possibile sviluppo discografico a firma completa di Iggy & The Stooges. C’è spazio ancora per Not Right ed una seconda versione di I Wanna Be Your Dog, ed anche se la mancata esecuzione di brani come Raw Power e Search & Destroy fa sanguinare il cuore del vecchio fan, se ne esce completamente soddisfatti per avere assistito ad un concerto epocale.
Autore: Eliseno Sposato / foto di: Alessandro Cigni