War Child è una delle più importanti organizzazioni che si occupa di progetti a sostegno dei bambini di tutto il mondo la cui infanzia è stata negata, con particolare attenzione per i bambini coinvolti (in maniera passiva, o addirittura attiva, come purtroppo accade in moltissimi luoghi) in conflitti bellici. Per raccogliere fondi per le proprie iniziative ha chiesto ad una serie di musicisti di re-interpretare brani dei propri artisti preferiti per farne un disco. Il risultato è “Heroes”, una compilation di cover d’eccezione. Il progetto è senz’altro degno di lode a prescindere. Ma, trovandoci su un sito di critica musicale è pur giusto analizzarne i contenuti. Che some sempre, in questi casi, sono di qualità altalenante.
Beck non sfigura nel rileggere il Bob Dylan di “Leopard-Skin Pill-Box Hat”, mantenendo il mood blues-rock dell’originale, cui aggiunge il suo solito tocco low-fi, ironicamente rumorista e casinista. Senza infamia e senza lode la cover di “Do The Strand” dei Roxy Music, rivista in chiave electro-dance dagli Scissor Sisters, mentre suona molto più interessante Lily Allen (con Mick Jones come special guest!) alle prese con un classico dei Clash, “Straight To Hell”, di cui riesce a mettere in evidenza la melodia, inserendola in un contesto r’n’b delicato ed ammiccante. Stucchevole invece Duffy e la sua versione di “Live and Let Die” di McCartney, che re-interpretra nel suo stile soul-da-piano-bar, con coro simi-gospel e un tripudio di archi. Niente di trascendentale neanche la cover degli U2 (“Running To Stand Still”) a cura degli Elbow.
Perlomeno originale la rilettura del classico Bowiano “Heroes” da parte dei Tv On The Radio, seppur con un beat elettronico incalzante, dancey, che lascia un po’ perplessi. Farà storcere il naso a parecchi puristi la cover di “Trasmission” dei Joy Division a cura degli Hot Chip, improntata su una sezione ritmica asciutta e compatta, chitarre appena accennate, tastierine fuorvianti, organi solenni e una folle rivisitazione delle parti vocali (tra ultra-melodismo, cori plumbei e voci filtrate e de-umanizzate). Frizzanti quanto innocui e prevedibili i The Kooks alle prese con “Victoria” dei Kinks, super-patinata ma convincente (grazie soprattutto al groove super-funk pompato a dovere) la “SuperstitionSuperstition” di Stevie Wonder tradotta nello stile della starlette Estelle, toccante ed intenso Rufus Wainwright che si misura con l’arte sublime di Brian Wilson (“Wonderful / Song For Children”), confezionando un arrangiamento elegante, ricamato sulla sua voce davvero straordinaria. Peaches me la sarei aspettata un po’ più cattiva alle prese con “Search And Destroy” degli Stooges, qui in una versione electro-rock un tantino troppo ‘educata’. Passabili ma tutto sommato trascurabili i The Hold Steady, che coverizzano Bruce Springsteen (“Atlantic City”) con troppo timore reverenziale , e i The Like (alle prese con “You Belong To Me” di Elvis Costello). Divertenti gli Yeah Yeah Yeahs, che si saranno sentiti di nuovo adolescenti nell’omaggiare i Ramones di “Sheena Is A Punk Rocker”. I Franz Ferdinand chiudono la compilation con una versione live del super-classico di Blondie “Call Me”, spogliata dalla carica sexy dell’originale, ma non per questa meno energica ed appassionata.
Autore: Daniele Lama
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