Sfoglio una rivista e me li trovo sotto gli occhi come se dieci anni non fossero passati affatto. Giovani, ricchi e di buona famiglia. I capelli arruffati, le facce imbronciate che sembrano sempre quelle di un gruppo di adolescenti, il look trendy. Il loro essere perennemente sotto la luce dei riflettori. Da Is This It del 2001 Julian Casablancas & soci hanno ottenuto un seguito planetario e al tempo stesso non si sono fatti mancare nulla.
Le liti per il ruolo egemone di Casablancas che in passato aveva egemonizzato la dimensione creativa della band, un quasi scioglimento, i diversi progetti individuali, il più delle volte superflui e avviati per dare sfogo all’ego di ognuno. Anni concitati quindi tanto da indurre i cinque ragazzi di NY a prendere una pausa.
Dopo una gestazione non semplice, Angles rompe oggi un silenzio che durava dal 2006. C’era da ritrovare la coesione, dare spazio alla creatività di tutti e per questo titolo non poteva essere più appropriato. Se Angles racchiude i diversi punti di vista di ogni componente degli Strokes questo finisce per essere anche il suo limite più evidente. Il quarto album del gruppo manca infatti dell’immediatezza del passato. Manca soprattutto di quel sound chitarristico che suonava vitale ed eccitante e che oggi viene invece presentato, appesantito da un caleidoscopio disparato di atmosfere e di suoni.
Senza dubbio ci sono episodi gagliardi come Under Cover Of Darkness, un garage rock orecchiabile e ruffiano o come Taken for a fool un hit che regala un ritornello irresistibile da saltare senza fermarsi. Anche Call Me Back e Life Is Simple in The Moonlight, classiche ballate alla Strokes, si elevano dalla mediocrità. Il resto è tuttavia un campionario sconclusionato. Macchu Picchu e Games hanno un andamento funky-dance decisamente anni ’80 che ricorda molto Duran Duran.
Non so voi, ma il sottoscritto non si è mai sentito particolarmente coinvolto dai Duran neanche quando aveva 15 anni, figurarsi oggi. Two Kind Of Darkness e You’re So Right esprimono, in modo calligrafico, sonorità new wave. Gratisfaction è davvero insignificante, mentre Metabolism rifà il verso al rock pomposo dei Muse, il che è tutto dire.
Un album in definitiva fiacco, disorganico, pieno di temi che si possono rintracciare in centinaia di band che scorrono senza soluzione sugli schermi di MTV o che si possono ascoltare sulle radio mainstream. Di sicuro il migliore rock’n’roll ascoltato in questa prima parte dell’anno non abita da queste parti.
Under Cover Of Darkness
The Strokes | Myspace Music Videos
Autore: Alfredo Amodeo