Dopo un silenzio durato dieci anni Miss Chain & The Broken Heels tornano sulle scene con un nuovo album pubblicato dalla Wild Honey Records. Nato come progetto solista nel 2009 per dare sfogo alla passione per il rock’n’roll della psicoterapeuta Astrid Dante (aka Miss Chain), il progetto è cresciuto diventando ben presto, dopo l’incontro con il bassista/promoter Franza Barcella, una band con personale più o meno fisso, arrivando a pubblicare tre album e svariati singoli che hanno messo sempre in bella evidenza la genuinità del suo amore per il garage rock, virato in chiave power pop, che si è tradotto in un esercizio compositivo sempre brillante e ben messo a fuoco.
“Storms” non fa altro che confermare quanto di buono ascoltato in precedenza, mettendo sul piatto dieci canzoni fresche e di facile presa che propongono una profonda riflessione sulla crescita personale dell’autrice, con i testi che, potrebbero sembrare estremamente malinconici ma che, secondo Dante, “racchiudono la tensione tra le radici della band e la sua attuale evoluzione, risultando in un viaggio musicale che risuona con il suo passato e il suo presente”.
Ecco allora che la musica estremamente gioiosa fa da contraltare a quanto Astrid canta, riuscendo a trovare una chiave di lettura che si affaccia su diversi territori mescolando garage e pop, country e indie rock, spruzzate di hillbilly, R&B e blues con la leggerezza del sunshine pop.
Proprio su queste coordinate l’album si apre con il trittico “I Don’t Know”, “Wild Wind” e “Storms” che mettono in risalto le ottime intuizioni melodiche, lasciando poi spazio al jangle/pop di “Hunters of Hope”, uno dei brani migliori del lotto. La bella ballata “Since Your Gone” mette in evidenza quanto di buono riescono a fare i compagni di viaggio Fran Barcella (basso), Giovanni Caniato (batteria) e Silva Cantele (chitarra) che firma insieme ad Astrid Dante tutti brani dell’album, sebbene la stesura sia stata collettiva e sorretta dall’ottima produzione di Riccardo Zamboni.
Il secondo lato del disco scorre piacevolmente brano dopo brano con punte di eccellenza come la catchyssima “Uh Uh Uh” ed il gran finale riservato a “Lie” che su di un classico giro di blues cresce in slow-emotion con il trascorrere dei minuti, sino a diventare una perfetta canzone da “sing-a-long” che impreziosirà i concerti futuri.
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