Arrivato già da qualche settimana in redazione, la copia di questo full-length dei californiani Ladybug Transistor giaceva silenziosa sulla mia scrivania, pazientemente in attesa di essere scoperta ed ascoltata per rivelarne la buona produzione. Ed effettivamente una volta spacchettata, essa si rivelava un buon prodotto; gradevole nella finitura del pachaging con copertina che riproduce la classica icona della band maledetta che posa in una chiesa al cospetto di un organo polifonico ( chissà che uso ne saprebbero fare? ) ed all’interno riprese dall’album di famiglia ( quello buono ); precise ed esaurienti le notizie e le note fornite nella breve presentazione dalla casa discografica, ad indirizzarne l’ascolto per l’insipiente recensore, ma senza distoglierne eccessivamente la curiosità speculativa; perfetto anche il periodo dell’uscita, a ridosso delle festività natalizie, quando gli acquisti si fanno più flessibili senza badare troppo alle etichette, pensando di poter acquistare di tutto soddisfacendo i gusti anche di quelli meno abbordabili dal mercato; giudizioso anche nella durata di circa quarantatre minuti, scanditi dai tredici brani che non superano ognuno i canonici tre/quattro minuti, con titoli che vanno da “ In Dicember” a “ The Place You’ll Call Home” passando per “NY” fino a “San Anton” alla ricerca infine de “ The Last Gent”; finanche rassicurante dalla imminente pianificazione di un tour in Europa nei primi mesi dell’anno, che li vedrà protagonisti nelle maggiori citta del vecchio continente a siglarne il successo.Ed allora, vi starete chiedendo, dov’è l’imbroglio, il cui fantasma da buoni lettori avete rivelato dalle prime righe di questo scritto? Elementare, direbbe un famoso detective, il colpevole sta proprio nella assoluta mancanza di una nuova proposta degna di definirsi tale, sopraffatta da una produzione stereotipata ed omologante asservita alla misere richieste del mercato natalizio.
Autore: g.ancora