Se l’Italia fosse un paese diverso i brani dei Radio Zero passerebbero in rotazione su tutte le principali emittenti radiofoniche. Perché sono sinceri e potenti ma posseggono anche un potenziale d’ascolto incredibile. Fa piacere che a firmare un disco come “Vecchi Treni Resistenti” sia un gruppo della vecchia guardia composto da musicisti in giro sin dagli anni Ottanta come Luca “Lungo” Ratti (già voce degli indimenticati Polvere di Pinguino), Enrico “Gas” Gastardelli, Mirco “Mr Gregor” Grego e Claudio “Tack” Cerretti. Per almeno due buoni motivi. Il primo è che i vecchi rocker sono duri a morire anche in tempi in cui l’indie-rock da cameretta sembra essere diventato l’unico verbo, il secondo è che un album come il loro ci dimostra che è ancora possibile una via italiana al rock. C’è un aroma familiare e un po’ vintage, come il vino buono che migliora col tempo, nel sound e nei testi degli undici brani presenti sull’album. Canzoni come “Giorni di gomma”, “Vecchia storia”, “Parlami di te”, la magnifica “Sangue e fragole” (già apparsa su singolo lo scorso anno) si insinuano in testa e, dopo pochi ascolti non vanno più via. Per cui se non sono i principali network nazionali a farlo, fatelo voi: sintonizzatevi sulle frequenze dei Radio Zero. Non prima, però, di avere letto il resoconto di questa chiacchierata con la band spezzina.
Il vostro album precedente risale al 2009.
Come mai ci avete messo tanto per dare un seguito a quel lavoro? Cos’avete fatto nel frattempo?
Diciamo, senza entrare in particolari, che ognuno ha dovuto lottare con personali e irrimandabili traversie di che si sono un po’ lungamente protratte, ma quando la brace è buona il fuoco sornione è sempre pronto a esplodere sotto la cenere!
Il sette pollici uscito lo scorso anno e racchiuso nella magnifica copertina di Chuck Sperry ha segnato il primo importante cambio di rotta per i Radio Zero, il passaggio dal cantato in inglese a quello in italiano. Cosa vi ha spinti al cambio di idioma ed è stato difficile concepire brani in italiano per voi che avevate sempre scritto in inglese?
In realtà avevamo già usato l’italiano ma con produzioni meno curate e meno divulgate. La scelta non è stata poi così difficile visto che pensiamo in italiano e ci è sempre piaciuta l’idea di comunicare molto più direttamente con il nostro pubblico.
Ascoltando il disco mi sono venute in mente, a tratti, gruppi come Kina, Ritmo Tribale (soprattutto in “Sonika Rivoluzione”) e Hüsker Dü. Trovate che ci possano essere dei punti di contatto, musicalmente parlando, con questi gruppi?
Diciamo che la base sonica che ci coinvolge e dove siamo cresciuti è sicuramente molto blues e punk anche se soggettivamente non disdegniamo gli ascolti più diversi. Il paragone comunque ci piace molto, grazie!
I brani di “Vecchi treni resistenti” sono un mix di personale e politico come non si ascoltava da tempo. Ad esempio “Sangue e fragole”, che nel titolo rimanda al quasi omonimo film di Haggman, pare ispirata alle vicende di Genova. C’è un filo rosso che lega le canzoni dell’album?
Impressione assolutamente azzeccata! Il film “Fragole e Sangue”, molto crudo e ficcante negli occhi allora adolescenti, come altrettanto in occhi più adulti, le vergognose scene di pestaggi genovesi alla Diaz e a Bolzaneto, le morti di Giuliani, e più avanti di Uva, Cucchi, Regeni, ci hanno fatto capire che l’aria che respiriamo ha di certo ben poco di democratico. Anzi rischi piuttosto una brutta morte se finisci nella mani sbagliate. Vorremmo citare anche una bellissima immagine del film “Across The Universe” dove una serie di fragole viene inchiodata su una tavola bianca sanguinando del loro succo! Sì, il filo rosso c’è e lega tutto!!!
Di cosa parlano canzoni come “Giorni di gomma” e “Vecchia storia?
“Giorni di gomma” parla del vivere quotidiano con i ritmi serrati e obbligati che esso ci impone. Parla della voglia di vivere giorni più veri, fatti di semplicissime emozioni vitali e necessarie!
“Vecchia Storia” è un inno rabbioso che si scaglia contro tutto ciò che inevitabilmente ci opprime. È passato qualche lustro dalle nostre prime esperienze rock, eravamo arrabbiati allora e lo siamo ancora adesso per gli stessi fottuti motivi! Si alternano vari personaggi, blaterano di cambiamenti, di soluzioni, di menzogne che ci riportano inevitabilmente alla sporca vecchia Storia!
I Radio Zero non sono una band di primo pelo, avendo iniziato a suonare con questo nome nel 2002 e ancora prima con altre sigle. La musica indipendente italiana oggi sembra essere rappresentata, almeno sui media che contano, dalla scena dei nuovi cantautori pop (Motta, Dente, Le Luci della Centrale Elettrica, Calcutta…). Un gruppo come il vostro con quali gruppi contemporanei trova di avere delle affinità artistiche e attitudinali?
Non per superbia o presunzione, ma – senza nulla togliere al valore dei musicisti nominati – pensiamo di non avere nessuna affinità con loro. Noi veniamo da molto più lontano e probabilmente siamo rimasti fermi al blues, al punk, al rock’n’roll. Non suoneremmo mai qualcosa perché va ora: non ci darebbe energia, non ci darebbe sangue, sudore e lacrime che ancora oggi dopo tanti anni è quello che ci lega.
Il titolo del disco, “Vecchi treni resistenti”, è forse un’immagine in cui vi riflettete?
Noi siamo Vecchi Treni Resistenti!
Quali prospettive, speranze, progetti futuri hanno i Radio Zero subito dopo l’uscita dell’album?
Suonare, suonare, suonare dal vivo! Sempre con la speranza di fare grande festa con chi ci ascolta, con chi sarà con noi in quelle sere.
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autore: Roberto Calabrò