Sono stanze che uno alla volta ognuno visita durante un concerto del genere.
Il progetto si presenta semplice, questo proprio perché grazie a Vinicio immaginare viene realmente facile.
Sono spazi ben delimitati quelli che l’artista tende a delineare sin dal primo momento del proprio concerto.
Questo percorso che ogni spettatore è portato a fare parte da dentro, per conformarsi poi in una consapevolezza materiale del percorso intrapreso, dal quale poi individualmente si traggono le proprie conclusioni.
Fare i conti poi con la realtà è un’altra cosa.
Capossela è un grande artista, enorme in ogni senso.
Di fronte a questa propria capacità di poter permettere a tanta gente di viaggiare tra vite, odori, colori diversissimi tra loro, Vinicio rimane comunque un musicita e non un illusionista ed anche in questa caratteristica si registra la propria grandezza.
Come si diceva, però, fare i conti con la realtà è ben altro sotto svariati punti di vista.
Nella prima mezz’ora abbiamo visto un artista alle prese con snervanti problematiche di tipo tecnico; sembrava che tutto girasse nel verso sbagliato.
Vinicio, dopo “Brucia troia” e “Non trattare” (entrambe eseguite perfettamente), decide di fare “Spessotto”: prende in mano la chitarra e dopo appena 30 secondi è costretto a fermare tutto per i fischi in spia. Dopo essersi scusato per il problema tecnico, posa la chitarra e ricomincia il pezzo con la sua “borsa-tastiera” questa volta senza particolari problemi. Dopo è il turno di “Medusa” e la chitarra di cui ora ha bisogno e che prima aveva posato, non c’è più. Vinicio appare incazzato come credo sia difficile immaginarlo a chiunque, e dice: “mi dovete scusare, ma oggi pomeriggio mi hanno rotto la “farfisa”, ora anche la chitarra…..faremo questo pezzo come possiamo”.
La gente un po’ ride e Vinicio non pare contento di ciò.
“Medusa cha cha cha” la fa al pianoforte, gesticolando in maniera piuttosto scomposta verso il tecnico del suono e volgendo quasi le spalle al pubblico per non sentire i fischi dalle spie.
Un paio di canzoni in tutta tranquillità e poi “Lanterne rosse” mostra l’apoteosi dell’incazzatura dell’uomo sul palco. Gli cadono i fogli, quelli con le parole della canzone. All’ “eclettico cantautore” gli scappa a questo punto una “poco eclettica esclamazione”: < <…….Cristo!>>.
La gente ride della scena e lui: “…non c’è molto da ridere ragazzi”.
Non riprende “Lanterne rosse”, dice solo: “vabbè passiamo alla prossima”, sbatte per terra l’abito cinese che aveva su e poi credo non abbia mai urlato tanto facendo “Corvo torvo”, durante il quale il microfono si gira più volte su se stesso come se tutto ciò non bastasse.
Insomma, fatica ad ingranare a causa dei tecnici ma poi lentamente le ultime scosse di assestamento permettono la ottima riuscita del concerto che è durato più di 3 ore.
Dopo 4 o 5 bis fatti di vecchi brani, musica popolare e……chi lo conosce sa bene, un breve ricordo al bassista di Carmen Consoli (la “cantantessa” era attesa a casertavecchia quella stessa sera) a cui dedica “All’una e trentacinque circa”. Il percorso riesce bene comunque nonostante l’inizio zoppicante. Vinicio è grande, trasmette emozioni forti in tutti i suoi pezzi più carnali ed un infinito senso di leggerezza in pezzi come “Ovunque proteggi”. Una tappa del suo tour diversa, dove accanto al mistico, la vita e la fatalità hanno fatto il proprio gioco creando qualcosa di inconsapevolmente alternativo, rispetto a tante cose che ci si aspettava e che comunque ci si voleva aspettare.
Autore: Alessandro Esposito
www.viniciocapossela.it