“La mia vita su piccoli aerei” è l’ultimo lavoro autoprodotto degli Insula Dulcamara (scaricabile interamente, gratis, dal loro sito internet), ensemble napoletano che trae il nome da un dipinto di Paul Klee, scrive belle canzoni, dotate di testi – in italiano – mai banali o noiosi (nonché suonate bene e registrate in maniera più che soddisfacente), e mostra un approccio alla musica versatile e curioso, libero da schemi di genere e dalle pressioni delle mode.
Un carillon ed un piano introducono “Aratro”, la canzone che apre quest’EP: spruzzate swing e rumorismo frenetico, kazoo e la voce lontana di un soprano. “Il tempo che passa non fa rumore” è un verso che ti rimane in mente. La chitarra slide di “Filomena” e la batteria accarezzata dalle spazzole ci traghettano verso territori (musicali) lontani, più affini ad un certo alt-country americano che al classico cantautorato italico. “Ucci ucci” è una splendida canzone sospesa tra calore folk e chitarre elettriche disturbate, voci sgraziate e tentazioni jazz. La schizzata, ottima “Eterna primavera” alterna – lunatica – abrasivi assalti free-noise e morbidezze jazzy dal sapore latino. Meno appassionanti “Il capro”, che ricorda troppo da vicino le canzoni sbilenche di Capossela, senza eguagliarne la tensione poetica, e “Il padre”, a metà strada tra il blues-rock e le canzoni liquide e dilatate di Marco Parente. “Post-it”, costruita perlopiù attorno alla leggera danza tra un glockenspeil e una chitarra acustica, chiude il disco lasciandosi dietro una scia di malinconia. Ed in bocca un sapore – appunto – dolceamaro.
Bravi!
Autore: Daniele Lama daniele@freakout-online.com