La musica, si sa, non è fatta solo di tecnicismi. La musica è passione, è sensazioni che ti colpiscono al petto e cercano di metterti al tappeto. La musica è la madeleine proustiana che rievoca momenti e suggestioni, riporta alla mente un’estate particolare, l’arancione di un tramonto, un bel momento, insomma, che non per forza abbia avuto a che fare con una canzone in particolare. Questo è quello che fa il secondo album dei Lorna (che nulla, se non il nome, hanno a che vedere con il tormentone dell’anno scorso “te gusta el mmmhhh, arriba arriba arriba…”) “Sonic patterns and souvenirs”, (uscito per la Words on Music) che, infame!, fa presa sull’animo inconsapevole dell’ascoltatore (mio, in questo momento) e lo trascina per mano attraverso le lande desolate dello spleen. Il gruppo di Nottingham riesce a essere scarno nella copertina, quanto, invece, ricco di strumenti all’interno della loro musica; strumenti che accompagnano le voci di Mark Rolfe e quella soffice e vellutata di Sharon Cohen (che a volte ricorda la migliore Dolores ‘O Riordan): flauto, vibrafono, viola, banjo, armonica ne sono solo una modesta scelta. Le sonorità sono quelle che tanto piacciono in quei luoghi dove la pioggia è (quasi) costante. Nelle cose più elettroniche ricordano passaggi di Sigur Ros, ma soprattutto Belle and Sebastian. Le migliori? “Understanding heavy metal part I and II”, “Homerun”, “The Last Mosquito Fight of Summer” (gran titolo), “The swimmer”. Un gruppo da tenere d’occhio. Cazzo si è messo a piovere anche qui!
Autore: Francesco Raiola