di M. Carbone, con P. Rossi, A. De Rienzo, E. Dell’Aquila, D. Rossi
Come si sta su una catena di montaggio? L’operaio, gli operai, ricorrono alla scala mobile: pensa di trovarti sopra a lavorare, mentre il rullo va al contrario, per sette ore. Il docufilm con Paolo Rossi getta l’ancora della metafora materiale – la scala mobile – nel mare del surrealismo civile. Il suo «surrealismo civile» prestato alle rivendicazioni dei metalmeccanici dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco a Napoli, laboratorio di alchimie contrattuali e visioni del futuro a bassa tutela giuridica. Surreale o per meglio dire dadaista quando ispirato dal Vesuvio e dalla fabbrica, Rossi sfoga: «C’è Nino D’Angelo con la barba di Marx che legge “Il Capitale” sullo sfondo del vulcano da cui parte una navicella con dentro Shakira che intona un pezzo neomelodico». Tempi moderni ingoiati dalla goliardica lotta di classe e di stile del secolo XXI.
Anche se il più surreale di tutti è colui che, forte del suo colletto bianco, s’è inventato la classe “Rcl”,: il confino, quasi da isola dei famosi, delle tute blu infortunate e registrate come unità a “ridotta capacità lavorativa”. Stiamo provando a darvi un’idea di «Rcl – Ridotte capacità lavorative», un film di Massimiliano Carbone, nato da un’idea di Alessandro De Rienzo. Pellicola che pone al centro del suo divenire una troupe vagabonda che è più una compagnia di giro (l’operatore operaista, l’aspirante sceneggiatore, il posteggiatore balneare con la chitarrina) vicina a certi poetici guitti dei film di Sergio Citti. A momenti più fiacchi, in cui Rossi si accartoccia (com’è nel suo stile, ma sul grande schermo il nonsense teatrale nuoce un po’) si alternano le fiammate elettriche del mastrocomico addolcite da felici paradossi di Paolino, più incazzato nero che abbronzato.
Autore: Alessandro Chetta