L’ironia è diventata un attrezzo fin troppo utilizzato nella società moderna, a cominciare dalla musica. La gente fa dell’etichetta “ironia” il paravento dietro cui nascondere la propria completa mancanza di innovatività, così da dover riesumare concetti morti e sepolti, che già “in vita” non erano granchè buone idee ( e cito ad esempio i Darkness, la cui crescente popolarità non cessa di lasciarmi perplesso).
Gli Ozma, però, hanno fatto qualcosa di meritevole su quest’album: hanno cioè realizzato un lavoro in cui, d’accordo, non si trova alcunchè di insolito o particolarmente nuovo, ma senza giustificarsi con qualsivoglia accenno a qualsivoglia ironia (che sarebbe, per quanto detto, risultata fuori luogo). Hanno insomma deciso di fare di scorrevoli liriche e di prevedibili sequenze di accordi qualcosa di onesto e, perché no, divertente.
Il loro sound ha anche altre sfumature però: l’uso bizzarro dei sintetizzatori, per esemipo, oltre ad insoliti raccordi tra parti differenti. Non c’è nulla nella loro effettiva essenza musicale che non possa essere ritrovato in un qualsiasi album dei Whitesnake. Nessun gran crescendo di rabbia o emozionalità, tuttavia gli Ozma sembrano aver cavalcato con successo la truffaldina arte di attirare l’attenzione dell’ascoltatore senza fare alcunchè di speciale. Lontano dall’essere una cosa negativa, è proprio questo elemento l’ingrediente del fascino di quest’album.
Autore: Daniel Westerlund