Dal nostro inviato a Venezia
Non si può chiedere a un maratoneta di cambiare disciplina perchè significa fargli rinnegare muscoli, legamenti, la sua intera complessione. Lo stesso vale per Amir Naderi, il regista che più di altri concepisce il cinema come sfida contro se stessi e gli altri in maniera programmatica; contro i limiti della propria resistenza, esattamente come un atleta. Qui a Venezia il suo nuovo film dal titolo CUT è più di una pura auto-promozione.
Conficcato nella sezione Orizzonti, dove di solito trovano posto i poco conosciuti o gli emergenti, Naderi è un monito per chiunque voglia intraprendere il ruolo di regista. Dopo l’Iran e New York, si è trasferito in Giappone per firmare la sua ennesima maratona nomade, l’ennesimo percorso coperto a perdifiato in zone sconosciute. Non importa dove e con quali mezzi, CUT è l’autoreferenza pura di un regista che fa film per chi fa o chi vuole fare film, alla maniera con cui Nabokov viene definito scrittore per scrittori. Questa classificazione, che pare squalificante, in realtà non è altro che un dato tassonomico: tutti, almeno per una volta, avremmo voluto essere scrittori o registi, in una parola narratori, e ogni storia che racconti chi vuole raccontare una storia (ecco un caso classico di mise en abyme), non è uno sterile esercizio intellettuale.
CUT, si diceva, è un monito per resistere all’estinzione di quell’arte cinematografica disinteressata agli incassi che si trova in una metafisica sospensione dei problemi materiali. Il film ci dice infatti questo, che i problemi materiali stessi sono il miglior incentivo affinchè un’opera venga portata a compimento. L’apolide Naderi è contro ogni tipo di dimora stabile in cui riposare le membra in tutta tranquillità. Bisogna abitare nel movimento per guadagnare ogni volta la propria dimensione, mai dismettere i panni di runner. Con questa sua ultima fatica, arriva a disegnare un personaggio che va oltre il podismo dei precendenti protagonisti nati dalla fantasia del regista iraniano, ma con essi condivide ovviamente l’attitudine alla sproporzione sporcata da una spaventevole capacità di non indietreggare davanti all’annientamento.
Autore: Roberto Urbani