Si fanno sempre più numerosi ed articolati, i pionieristici esperimenti d’ammodernamento della musica folk occidentale, e dalla Gran Bretagna prova a dare il proprio contributo folk-tronico questo gruppo di 7 elementi – capitanaqto da Mike Lindsay e Sam Genders – giunto al secondo disco dopo ‘This is Tunng’ del 2005.
La musica folk ha proprio bisogno di uscire dallo stallo – lo avvertono tutti gli appassionati, ad eccezione magari di quei 4 irriducibili nostalgici che ancora attendono l’impossibile reunion dei Fairport Convention – e l’elettronica negli ultimi 10 anni ha spalancato una porta nuova ed inaspettata. Superate le prevedibili resistenze dei puristi, ora è tempo di stabilire un metodo che bilanci chitarre e samples, anche in questo genere musicale, secondo la giusta proporzione.
I Tunng propongono la modernizzazione attraverso un arricchimento delle soluzioni sonore nel rispetto, però, della tradizione: le 11 canzoni di questo CD sembrano composte in solitudine secondo il metodo classico (voce + chitarra), successivamente “carrozzate” da tutto il gruppo non solo con strumenti tradizionali (banjo, violoncello, clarinetto, arpa), ma anche con il contributo del sampler elettronico.
Il risultato convince solo in parte, malgrado la via giusta probabilmente sia questa. Malgrado qualche ibrido folk-tronico incuriosisca e funzioni (‘Red and Green’, ‘Jay Down’), il meglio del lavoro è ad ogni modo da ricercarsi nelle composizioni folk più classiche: la suggestiva fiaba di ‘Sweet William’ per violoncello e banjo, l’arpeggiata ‘Jenny Again’, il singolo ‘Woodcat’ con cantato maschile/femminile sovrapposto.
Troppo prevedibile invece, in chiusura d’opera, la ghost track per solo arpa.
Una qualche debolezza nella scrittura potrà essere senz’altro rimediata in futuro, per un gruppo che ha una voglia matta di modernizzare il suono di arpa e banjo.
Autore: Fausto Turi