“Voglio che un tredicenne che vede Link Up TV possa anche giocare con la mia musica, così come gli studenti di arte affamati di generi da mescolare, così come gente dell’età di mia nonna che ascolta Marvin Gaye – voglio unirli tutti. Si tratta di bilanciare il mondo in cui vivevo quando ero io un teenager. Questi mondi non si fondono mai, ed è davvero un peccato”.
Questo programma, piuttosto ambizioso, è quello che muove Jeshi, nuovo cantautore trip hop e R’n’B londinese, con il suo EP Bad Taste, presentato a quanto pare con quel pochino di boria che si perdona ai ventenni.
Cresciuto nell’east London a Walthamstow agli inizi del 2000, Jeshi si è nutrito musicalmente di Neptunes, Eminem, e Erykah Badu, e ammette serenamente che quando aveva 11 anni ha scoperto la stazione radio rap Channel U ed ha pensato “poiché lo fanno ragazzi come me, perché non io?”. E così ha messo in piedi a casa sua il suo primo studio, con un Microfono Nintendo Wii USB preso dal karaoke e collegato a un desktop di pc, usando Cubase per i mix.
Aveva anche scommesso con una ragazza 50 sterline che all’età di 16 anni sarebbe stato milionario. Non lo è nemmeno adesso (la sua ambizione è un po’ andata fuori bordo), ma forse la scommessa lo ha portato ad impegnarsi e nel mentre coltivare anche altri generi, come la musica elettronica, fino a uscire col suo primo EP nel 2016, Pussy Palace, e poi l’anno dopo con un EP di 7 tracce, The Worlds Spinning Too Fast, ricevendo buone recensioni.
Dal tour del 2019 ha ricavato la collaborazione con Celeste, che compare anche nel pezzo Same Songs, (oltre che in altri pezzi del disco) primo singolo di questo suo nuovo EP, piuttosto cupo nei toni, e decisamente trip hop. Chrome Benzo è invece il pezzo più melodico, mentre Coming Down è quello più sperimentale.
Inevitabile un po’ di ripetizione negli altri pezzi, visto il genere fondamentalmente parlato dell’EP, ma bisogna dire che il rap di Jeshi è di quelli che non puntano al ritmo ma all’atmosfera, come in Swan Lake per esempio. E’ un rap decisamente ipnotico, che si avvale di basi prevalentemente trip hop, anche se si concede volentieri al R’n’B come in Kiss the Flame, e in effetti si può dire che Jeshi corteggia entrambi gli stili.
E’ tuttavia lontano dall’essere quella rivoluzione del rap che a quanto pare è nel suo programma, e meno che mai a riunire in un solo fangroup tre generazioni di ascoltatori, da quelli che amano Marvin Gaye ai sofisticati studenti d’arte. Al contrario, la sua musica potrà essere apprezzata solo dai palati amanti del genere, ed è decisamente settoriale se non settaria addirittura. Per poter conquistare cuori non amanti del rap, dovrebbe introdurre ritmi e melodie (come Eminem ha sapientemente scelto di fare da sempre). Invece l’EP è monolitico, anche se apprezzabilmente serio e ben elaborato, ma è difficile che raggiunga il premio di disco dell’anno, nemmeno all’interno del nutrito genere rap a cui Jeshi è devoto.
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autore: Francesco Postiglione