Ritorna a lavoro Tiziano Veronese, ultimo membro attivo della formazione originale dei Sonic Jesus, e porta ai suoi fan, italiani e non, una virata verso il melodico di ottima fattura. “Grace” è realizzato letteralmente a quattro mani e non di più: Veronesi si è occupato da polistrumentista del comparto sonoro del disco, mentre i testi sono affidati al collega Marco Barzetti, proveniente dai Weird, tuttavia traspare un lavoro quasi in simbiosi, con dei testi che esprimono coerentemente le atmosfere eteree dell’album.
Dopo le tenebre opprimenti del validissimo “Neither Virtue Nor Anger”, esportato dalla band anche all’estero, il nuovo disco “Grace” appare come la luce in fondo al tunnel, lo spiraglio di sole nell’inconfondibile sound oscuro firmato Veronesi. I toni si sollevano e si mitigano leggermente in questo secondo album, con un utilizzo più massiccio di elettronica e chitarre d’ispirazione new wave revival.
Difatti, attraverso “Modern Model” si passa per i suoni calpestati recentemente dai White Lies, per “Outdoor” si incontra l’ibrido shoegaze/synth-pop dei Big Pink, tra i fraseggi di basso e chitarra, con tanto di voce lievemente distorta, di “I Hope” si ricordano certi Killers degli esordi. Ma il citazionismo, pur presentissimo in questo secondo lavoro dei Sonic Jesus, non sembra fine a sé stesso, aggiungendo qualcosa di nuovo al repertorio. Ne è un esempio la sovrapposizione tra arpeggiatore e psych-rock di “No Way”, che porta una ventata d’aria fresca nel sound con approcci tratti dall’elettronica di ultima generazione. Spiccano anche, per potenza evocativa, gli echi distorti su di un tappeto di sintetizzatori di “Stars”, così come “I’m in Grace”, bandiera della svolta melodica del disco che, dimenticando per un attimo i suoi toni un po’ troppo à-la Editors, sa lasciare un bel segno.
Resta un disco fatto principalmente di immagini dipinte coi suoni, piuttosto che di storie raccontate con la musica. Quasi tutti i brani creano atmosfere, ambienti gelidi, ma illuminati da una nostalgia non del tutto cupa. Malgrado questo “Grace” sia forse un po’ troppo debitore a tutto un filone di revival di Joy Division e compagni, pensare che sia firmato da un artista italiano di una certa qualità rende fieri di avere un rappresentante nostrano tra le schiere del rock europeo.
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autore: Gabriele Senatore