Era stato Bob Corn, in una intervista dello scorso Autunno qui su Freakout, ad incuriosirci rispetto all’imminente esordio del quartetto padovano The Great Northern X; ed ecco dunque ora questo disco omonimo contenente 7 brani elettroacustici, cantati in inglese da Marco Degli Esposti (voce, chitarra, banjo), assieme a Filippo Arzenton (chitarra), Cristian Arzenton (voce, basso) e Fulvio Veronese (batteria).
Un certo immaginario folk rock americano, sviluppatosi soprattutto a partire dagli anni 90 come deriva grunge – immaginario emotivo, desolato e pischedelico, in qualche modo ben rappresentato dalla copertina del disco… – emerge in brani chitarrisitici che narrano l’epopea delle piccole cose interiori e dei grandi spazi vuoti della natura, fotografati in bianco e nero, impeccabili nel loro evitare eccessi di sorta, che siano suoni, ripetizioni o lungaggini; canzoni come bozzetti, non lontane dagli sviluppi recenti delle produzioni SubPop – pensiamo ai Wolf Parade, agli Shearwater – ma si badi anche massicciamente approfondite da rock band indipendenti italiane – Yuppie Flu, Songs for Ulan, Settlefish, A Toys Orchestra, Franklin Delano e tante cose dell’etichetta Homesleep – per 30′ e 29″ per i quali non staremo a cercare vertici o cedimenti, ma piuttosto a sottolineare l’emotività avvolgente, dipendente soprattutto dal contrasto tra la voce del cantante, piuttosto espressiva, e le trame folk rock delle chitarre elettriche.
‘Loser Song’ e ‘Sickness of the Great Nothing’ sono capaci di sintetizzare al meglio la vocazione cantautorale di Marco degli Esposti, ed il post rock da cui provengono gli altri tre componenti della band, che per la cronaca prima di quest’esperienza si presentavano come trio strumentale col nome di Flap, mentre la malinconia e la nostalgia si fanno largo in un tessuto narrativo in cui, generalmente, è la quiete la nota dominante.
The Great Northern X è un disco consolatorio, emozionante e molto ispirato, meritevole di grande attenzione.
Autore: Fausto Turi