C’è un certo cinema che (forse) memore della lezione rosselliniana e neorelista in generale, riesce ancora a parlare di quello che accade intorno. Certo, con meno pathos e pietas, doti che non ci appartengono; e più plastica e televisiva.
Ma ad ogni tempo i suoi simboli e come direbbe Pierre Sorlin “ad ogni società il suo specchio“: distorto, amplificato, intarsiato… Checchè se ne dica, sempre uno specchio rimane.
Virzì è sempre stato attento ad un certo mondo proletario vittima di illusioni e di speranze, ricco di doti come il Piero Mangoni di “Ovosodo”, il Tanino del film omonimo o Marta (Isabella Ragonese) protagonista di “Tutta la vita davanti” eppure sempre un pò perdente.
C’è una malinconia di fondo nella filosofia di Virzì, un’impossibilità di sfuggire, di emanciparsi, trasformarsi.
Sembra che tutta la vita davanti (lo sviluppo della storia dei suoi personaggi e il loro futuro) sia fatta per farci rimanere indietro. Ti smazzi, sei dotato, studi, viaggi, rincorri e alla fine cambia poco o niente. Questa, sembra essere la tesi di fondo di Virzì. Ridi e sono lacrime amare, perchè mentre la trama si dipana come le tende di un sipario scopri che là dietro ci sei tu e che il film parla di te, della tua storia, di quella di gente che ti sta intorno. Però tra Piero e Tanino, Marta è quella più disincantata: lei è consapevole sin dal principio e non è mai vittima degli eventi. E anche quando dice che si è ritrovata a fare la centralista in un call center perchè è il caso ad averla portata lì, mente. Appare molto più lucida di quella di Piero e Tonino che sono due ragazzotti. Lei no, dall’alto del suo 110 cum laude e bacio accademico sa bene che quello è il suo destino. Si tratta di sopravvivenza: la madre è ammalata, il padre inesistente e lei deve pur trovare un modo per mantenersi a Roma. Dovrà pur mangiare, ed ecco che si ritrova in questo mega ufficio, bianco asettico, con tante piccole postazioni con monitor e telefono: è un call center, ma sembra di essere in tv. o in un villaggio vacanze.Prima di mettersi al telefono per ore, Marta e le sue nuove nuove compagne vengono incitate come alla guerra da una Sabrina Ferrilli folle e allucinata e costrette a fare stacchetti e balletti come se fossero veline.
Virzì tenta di avvertirci già nelle prime sequenze del film: quello che vedrete è surreale, assurdo. Ma un attimo dopo, si scopre che è realtà.
Niente in comune alla visione mucciniana tutta fiction e crisi di mezz’età.
Conforti (un nome una certezza) è il sindacalista della Nidil interpretato da un Valerio Mastrandrea da antologia. “La fai facile a parlare tu, che hai lo stipendio fisso e non perdi nulla” gli urlano contro. Due mondi a confronto, incapaci di relazionarsi.
Autore: Michela Aprea