‘Quintale‘ è il titolo del recente, nuovo disco dei Bachi da Pietra, il quinto se escludiamo lo split EP con i Massimo Volume di 2 anni fa, in un percorso che prosegue dal 2005 all’insegna di una grande coerenza, e di uno stile musicale originale, non facile, blues, indipendente, ricco di rimandi letterari ed all’insegna di un realismo narrativo e dei suoni di grande effetto. Ma ‘Quintale’ è anche il disco con cui il duo, composto da Giovanni Succi (basso, chitarra, voce) e Bruno Dorella (batteria), si rinnova accelerando i ritmi ed incattivendo i suoni, rimettendo in gioco un’immagine ermetica, monolitica e minimale. Poniamo alcune domande a Giovanni Succi, per comprendere meglio queste novità nella musica dei Bachi da Pietra.
Nel nuovo disco intitolato “Quintale” c’è un’evoluzione verso suoni ed atmosfere nuovi, granitici, asfissianti, veloci; non si può parlare di discontinuità rispetto al passato, ma di cambiamenti si; come siete giunti a questo nuovo stile? È figlio di un vostro stato d’animo, dell’attualità – ‘Io lo Vuole’ mi sembra una canzone molto a fuoco, sull’attuale delicato momento storico – o semplicemente magari dei vostri attuali gusti musicali?
Questo nuovo stile è un vecchio stile. È figlio nostro o forse è nostro padre. Veniamo da lì. Torniamo lì. Ci stiamo andando per la prima volta. Come quando si torna nella terra. Quintale è un peso umano.
Parlateci un po’ dell’accoglienza che Quintale sta ricevendo in questa prima parte della tournèe promozionale; siete soddisfatti per ora?
Lo siamo. Gli umani rispettano quello che grida più forte e adesso ci rispettano molti più umani. Prima, da piccoli insetti, ci lasciavamo osservare e a volte anche schiacciare. Poi abbiamo cambiato registro per sopravvivere: in natura l’evoluzione serve a questo, per sopravvivere. Siamo diventati belli grossi e facciamo molto rumore. Alzare i volumi ha rovesciato la situazione a nostro favore. Ora viene molta più gente ai concerti, ne siamo raggianti, noi li amiamo e siamo felici di schiacciarli. Speriamo che col tempo le persone si divertano anche a cantare i cori che abbiamo studiato per loro.
Vorrei chiedervi di dire qualcosa riguardo al suono di questo disco, particolarmente riguardo le chitarre. Giulio Ragno Favero credo si sia superato, in questa occasione: l’elettricità sembra in alcuni fraseggi dare letteralmente vita alle corde, ed il suono raggiunge un realismo molto suggestivo… Il missaggio poi è da produzione internazionale; a proposito: porterete Quintale anche all’estero?
Giulio ha fatto un signor lavoro sulle chitarre, collegandomi simultaneamente a tre amplificatori diversi e facendomi doppiare le parti. Adesso se ne sta alle Maldive e ci manda cartoline virtuali di lui che fa snorkling. Chiedi anche a lui: ti dirà che il nostro disco lo ha arricchito moltissimo. Quintale all’estero? Magari: potrebbe essere utile per vendere più dischi e fare più concerti e quindi fare più soldi. A differenza della maggior parte delle tante anime belle di estrazione cattolica, noi non proviamo alcun ribrezzo per lo sterco del diavolo, anzi noi ne abbiamo un gran bisogno, ci serve proprio. Ci servono un sacco di soldi per fare i dischi e magari, se ne avanza, anche per campare ancora un po’.
Da dove nasce il testo di ‘Brutti Versi’? La storia raccontata è chiara, ma ci si chiede se ci sia magari un episodio reale, dietro…
Reale e cocente: è tutta vita vissuta sulla mia pelle. Ogni volta che canto quel pezzo sto male di nuovo. Il tipo mi doveva una cifra di tutto rispetto per un lavoro ed è sparito. Circa ottocento euro. Per un po’ l’ho tallonato, poi mi sono rotto. Quando finalmente me ne ero dimenticato e vivevo sereno con ottocento euro di meno, un paio d’anni dopo, mi manda per posta questo suo cazzo di libro pieno di poesie di merda, stampato in proprio. Quanto credi che abbia speso? A leggerle poi il dolore è stato ancora più acuto, credimi. È stato un momento orribile della mia vita, ma grazie alla forza del rock’n’roll e col sostegno di chi mi vuole bene, in qualche modo l’ho superato.
Nei vostri blues c’è in alcuni casi una componente sacra, spirituale, presente anche quando i testi raccontano storie estremamente concrete. Anzi: sono proprio i risvolti inquietanti e crudeli di alcuni vostri testi a sottendere un fatalismo che nei toni ricorda certe storie terribili, vendicative di libri sacri tipo la bibbia il corano. E ancora di più il tono dei racconti, i chiaroscuri, persino il coro direi medievale di ‘Mari Lontani’. Che significato hanno per i Bachi da Pietra le simbologie religiose, ed i richiami al sovrannaturale, allo spirituale?
I temi classici del blues e del metal. A parte questo, premesso che di Dio non so niente, non lo sento da una vita, lo sguardo di noi insetti non arriva fino al cielo, si ferma al suolo o al massimo a qualche metro da terra. Quindi vediamo questo. Dio ha creato l’uomo o forse l’uomo ha creato Dio: di sicuro si somigliano. Stando a quel che dicono i vari Dio, o lasciano detto ai loro portavoce ufficiali, gli dei per quanto divini sono piuttosto sanguinari e molto interessati al suolo in termini di chilometri quadrati.
Gli insetti, col loro strisciare, la loro “crudeltà”, i loro umori, i corpi raccapriccianti, la facilità con cui li si schiaccia e muoiono, sembrano essere per voi la metafora dell’umanità. In ‘D
io del Suolo’ il protagonista guarda gli insetti e rispetto a loro si autoproclama Dio, sentendo il loro destino insignificante nelle proprie mani. Può essere questa una chiave d’interpretazione
dell’importanza che assumono gli insetti nelle vostre canzoni?
Sì, si autoproclama ma sa benissimo di non esserlo; sente anche il proprio destino come assolutamente insignificante e in balia della natura (il cosmo vuoto, la terra, gli insetti stessi). La natura ucciderà l’uomo in un soffio; e anche se è un uomo semplice (quello del testo), lo sa che il suo mettersi al posto di dio è del tutto fittizio, non ci crede mica: …fa finta, gioca. Li ama: non c’è nessuna “ira di Dio” nel suo atteggiamento, anzi, c’è l’amore di Dio. La curio
sità per il creato. Perché li ama? Forse per una forma di empatia tra vittime? Perché ci si rispecchia? Anche gli insetti sembrano fare fatica a vivere. E se gli desse la morte per sollevarli dal peso? Lui è carnefice delle sue vittime (per gioco o per misericordia) come sa di essere vittima del suo carnefice (…natura? Dio? Vita? Morte?) di cui ignora completamente le intenzioni. Sa solo che prima o poi farà la stessa fine. Tutto un bell’enigma, non ci si capisce un’acca. Ma come vedi noi insetti siamo molto incuriosisti da voi umani, in quanto abbastanza simili. Ci stiamo appassionando. Certo voi siete diversi, evidentemente inferiori, ma ci piace osservarvi – e anche ogni tanto se ci riusciamo, farvi fuori.
Arrington De Dionyso, leader degli Old Time Relijun, suona il suo sax impazzito in 4 brani di Quintale; probabilmente è l’ospite perfetto per i Bachi da Pietra, anzi: uno così potrebbe essere il candidato ideale a terzo membro dei Bachi… un sassofonista così sui generis potrebbe essere un valore aggiunto straordinario; ci avete mai pensato a divenire un trio?
Ci abbiamo pensato, ma credimi che è già un casino gestire la logistica in due stando uno in Piemonte l’altro in Romagna… Avere un terzo elemento oltreoceano, non è il caso.
Dove è stato girato il videoclip di Fessura? Chi se ne è occupato? Qual’è il vostro rapporto coi videoclip? Ricordo qualche anno fa un vostro videoclip per ‘Notte delle Blatte’, ed uno per ‘Dragamine’; ne realizzerete altri per Quintale? Facebook lo pretende…
Quello di Fessura è realizzato da Natalia Saurin, artista visiva italo argentina di base a Milano, che si è cimentata per la prima volta con un video pop. Essendo anche noi nelle sue stesse condizioni, ci pareva un bel battesimo del fuoco. L’abbiamo girato nell’acquario di Milano. Non sto scherzando: c’è un acquario comunale a Milano, sempre aperto, davvero molto bello. Come nel mito metropolitano: il miglior pesce fresco lo trovi a Milano.
La bonus track intitolata ‘Baratto’ devo dire la verità che mi ha fatto molto riflettere in questi giorni di ascolto del vostro disco. Non so se sia una provocazione e basta, o se davvero esista un indirizzo mail baratto@bachidapietra.com al quale chi si procuri Quintale diciamo senza comprarlo, è invitato almeno a barattare qualcosa con voi; ho trovato molto giusto sollevare il tema, da parte vostra, perché ormai – specie credo da parte dei giovanissimi, che non hanno mai conosciuto il ‘prima’ del download – si da per scontato il download pirata, senza la minima consapevolezza. Volete aggiungere una riflessione, in proposito?
Certo, l’indirizzo esiste, la proposta non è impegnativa per nessuno, ovviamente, ma è seria, eccome. In breve. Il nostro lavoro è fare questa roba che senti. Prendi e dai via il nostro lavoro? Ok, pace, non possiamo farci niente; ma magari ti va di fare la stessa cosa anche col tuo? Qualsiasi lavoro fai va bene, a parta la musica, manchiamo di tutto. Se lo ritieni giusto dacci un pezzettino del tuo lavoro in cambio del nostro, che ti sei già preso e magari l’hai pure distribuito ad altri. Se invece non lo ritieni giusto, spiegaci il perché: siamo curiosi di capire i tuoi motivi. Se hai dei dubbi vai a questo indirizzo dove spieghiamo il baratto con un comodo esempio pratico:
www.bachidapietra.com/baratto
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autore: Fausto Turi