Per uno come James Johnston, una leggenda di nicchia nel mondo dell’alternative rock, il primo album ufficiale da solista è un debutto che arriva assai tardi nella sua storia musicale.
Dopo i Gallon Drunk, con Michael Delanian, Nick Combe e Joe Byfield con cui ha prodotto otto album negli anni 90, e soprattutto i Bad Seeds con Nick Cave, dal 2003 al 2008, e dopo aver suonato con Ulan Bator, i Faust, e PJ Harvey, ci aspetteremmo inoltre che l’album solista esploda di puro rock alternativo, magari assai grintoso se non addirittura “cattivo”, e invece The Starless Room, sin dal titolo, è un album piuttosto soffuso, molto intimista, denso di pianoforte e archi più che chitarre, dove insomma James mette a nudo la sua anima più nascosta, interiore.
E’ pur sempre un disco rock, ma di quel rock che potremmo paragonare ai primi album del Coldplay prima che si mettessero a fare cori da chiesa e canzonette da discoteca. Un album che si avvale di sfumature più che di schitarrate e esplosioni di batteria. St Martha’s, o Cold Morning Light, e soprattutto la stupenda Dark Water, sono molto strumentali e orchestrali, e la voce è sempre soffusa, mai agguerrita. Heart And Soul è addirittura un pezzo quasi di solo piano, mentre The Light of Love e Frozen Time sono addirittura romantiche, in stile puramente Coldplay (forse anche troppo). Maggiore oscurità si avverte in Let It Fall, la track 9 che arriva a fine disco, ma vale la pena ascoltarlo tutto fino a quel momento.
L’album si chiude con un’altra canzone intimista e essenziale, tutta voce e archi, When the Wolf Calls, caldo invito di soccorso dell’artista verso un tu a cui si rivolge suggerendo di non rimanere solo, “stand by me” dice James, tenero e dolce come non mai.
Insomma, un album che può sorprendere, visto i trascorsi illustri, e potrebbe anche deludere se ci si aspetta altro. Ma resta un disco molto bello, pieno, come è ovvio, di maturità artistica e attenzione ai dettagli, anche se certo non può candidarsi a entrare nella storia del rock. Tuttavia, un esordio promettente per uno che è classe 1966, e non è più un ragazzo, nemmeno musicalmente.
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autore: Francesco Postiglione