Gli amanti del minimalismo strumentale di filiazione post-folk acustico sapranno senz’altro gustarsi questo piccolo gioiello del suo genere che Bella Union e Cooperative Music da par loro hanno messo a segno ancora una volta.
Si tratta fondamentalmente di sette duetti strumentali in cui si cimentano Ryan Francesconi alla chitarra acustica e la talentuosa violinista Mirabia Peart. Francesconi è noto per essere il chitarrista della band “Ys Street‘” di Joanna Newsom nonché arrangiatore del suo album di enorme successo “Have One On Me” uscito nel 2010.
Proprio in quell’album si trovano partecipazioni di Mirabai Peart, e chissà che non sia nata da lì la partnership artistica e sentimentale che ha prodotto questo Road to Palios, che già dal nome e dalla copertina rivela la sua ispirazione esotica.
In particolare, Francesconi ammette la sua ossessione per la musica balcanica, soprattutto di matrice greca, bulgara e turca, ossessione che lui stesso descrive così: “Questo colore sembra insinuarsi in ogni cosa che faccio. Non è del tutto un fatto cosciente. Sono le mie mani, non me”.
Greco è infatti il villaggio di Palios, dell’isola di Lesbos (patria della poetessa Saffo), dove la coppia ha fatto un viaggio nel 2010: e la presenza della grecità solare e marina, ma anche arcaica, si percepisce dai titoli e dall’esecuzione di pezzi come Pontic (dal nome greco Pontus, ovvero mare), Kalamatianos (una tradizionale danza greca) e Far from Shore, nonché ovviamente della title track Road to Palios.
Sbagliatissimo pensare però a un lavoro alla Bregovic: tutt’altro, anche perché all’orchestra qui si preferisce il duetto delicatissimo di due strumenti che suonano soffusi e a volte quasi timidi, come nell’intro splendida di Parallel Flights, il pezzo più delicato e dolce. E inoltre la chitarra di Francesconi si mantiene sempre al di qua del confine della vera e propria musica gitana, cercando piuttosto spessore e malinconia alla maniera del moderno post-folk.
Anche quando l’atmosfera è tempestosa e tormentata, come in For Christos, e il sound si fa decisamente più orientaleggiante (influenze turche fortissime in questo pezzo), il suono resta sempre dolce e non prepotente, all’insegna del minimalismo, minimalismo stemperato dal fatto che i due strumenti sanno riempire lo spazio sonoro al punto da sembrare un intero ensemble in certi momenti ispirati.
Si tratta, evidentemente, di produzioni sperimentali, ma il duo riesce a incorniciarli in un sapore e un colore che hanno qualcosa di classico e senza tempo: un autentico viaggio mentale alla ricerca di una parte importante delle radici musicali del nostro Occidente.
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autore: Francesco Postiglione