È da qualche mese tornato sugli scaffali dei negozi di CD insieme ai Rossofuoco con “Rojo”, album ispirato alla rivoluzione (ma raccontata alla maniera di Giorgio Canali). Ha “invaso” le librerie con la biografia/intervista “Fatevi Fottere”, che ripercorre la sua carriera dagli esordi come tecnico per PFM e Litfiba fino ad oggi passando per l’esperienza CCCP/CSI/PGR.
Un’intervista per ripercorrere “la vita, l’universo e tutto quanto” (da Douglas Adams a “Nuvole Senza Messico) di uno dei cantautori rock per eccellenza del panorama musicale italiano.
Con questo nuovo album affronti la rivoluzione e il dissenso, come al solito, con toni sarcastici, come già accaduto in passato con brani come “No Pasaran”: guardando alla storia, le rivoluzioni sono servite effettivamente a qualcosa?
Quasi tutte le rivoluzioni pre-novecento hanno portato poi a restaurazioni dello status quo precedente in peggio, tranne qualche rivoluzione veramente riuscita nel secolo scorso che, però in troppi casi, ha solo cambiato il colore dell’ingrediente fondamentale di questo nostro mondo: la mancanza di libertà… ma questa è un’intervista e non un compitino di storia. E comunque ci stanno insegnando che la libertà si compra nei centri commerciali, perciò, mettiamoci in coda alla cassa, con il p.i.n. dei nostri bancomat ben chiaro in testa…
Una cosa che sembra trasparire dai tuoi brani è il tuo assoluto scetticismo nei riguardi di un potenziale cambiamento, naturalmente in meglio, della qualità della vita (e vai con la citazione dei Tre Allegri Ragazzi Morti). Questo sempre legato a un discorso socio-politico. Eppure sembri avere, molto più nelle interviste che non nei tuoi testi, degli slanci che ti portano a sperare in una rivolta, in un cambiamento. Hai citato internet fra le varie possibilità di “rivoluzione”. Ci sarà o non ci sarà? “Da qualche parte ci sarà”?
Credo che internet sia la sola reale possibilità per la diffusione del pensiero, il che non porta automaticamente al fatto che sia uno strumento di lotta. E poi, non mi mettere in bocca robe che non ho mai detto e nemmeno pensato: la mia risposta alla merda è la diserzione, non il combattimento…
Le rivoluzioni, la storia ci insegna, sembrano quasi tutte destinate a “fallire”, vuoi per un motivo, vuoi per un altro. La stessa Rivoluzione Francese, per citare un esempio, ha portato comunque alla creazione di uno stato borghese che ha contribuito a dare vita alle logiche che governano il mondo attuale. Secondo te che “forma” dovrebbe avere la rivoluzione per non fallire?
L’utopia di una rivoluzione che faccia tabula rasa del sistema che vuole abbattere è sempre un concetto molto affascinante… e dopo? Ok, facciamo così, dopo decido io… non credo che sta cosa ti piacerebbe…
Forse il problema più grande legato alla “rivoluzione” (e in generale un po’ a tutto), attualmente, è l’inglobamento in dinamiche mediatiche, che facilitano la strumentalizzazione più che in passato. Per fare un esempio terra terra, le tante magliette di Che Guevara che ormai sono diventate un brand. Mi sembra che chi sta al di sopra di “noi comuni mortali” abbia capito come sfruttare a proprio uso anche ciò che dovrebbe impaurirli: trasformando la rivoluzione, il rock come voce “contro”, il pensiero libero, in un fenomeno mediatico questo perde valore nei fatti e diventa idea falsa, strumentalizzata, priva di senso. E anche chi abbraccia questa idea o ideologia spesso lo fa per partito preso e non per convinzione propria, travisandone totalmente il senso. Le piazze “da un milione di brioches”, come canti in “Carmagnola #3”, in pratica. Da un lato, però, tu in un’altra intervista mi hai detto che “non appena succederà che qualcuno in più si svegli, arriverà pure la violenza”. Non credi che comunque, anche in quel caso, il tutto verrebbe trasformato in un fenomeno mediatico da usare a proprio uso, abuso e consumo? Un po’ come accaduto con la strumentalizzazione degli attentati delle BR fino alle azioni dei black bloc a Genova (sbirri o meno che fossero) e via discorrendo, che sono serviti più al potere per muovere l’opinione pubblica contro chi si incazza piuttosto che alla “causa”?
Il problema è l’idiozia di chi non se ne accorge… o forse è ancora peggio la pigrizia di chi fa finta di non accorgersene.
È logico, secondo te, citandoti, fare “domande sui massimi sistemi ad un cantante chitarrista vecchio e rincoglionito, caduto da piccolo nel calderone dell’anarchia (come Obelix nella pozione magica)”? Non pensi che magari proprio la voce di chi si interessa a certe tematiche restandone comunque al di fuori (non sei un politico, non sei un magnate dell’industria) possa essere più lucida e sincera di quella di chi ci propina notizie (reali o fittizie che siano) giornalmente?
D’accordo, ma a chi interessa?
Ok veniamo alla tua musica. Con “Rojo” hai firmato un album essenziale senza brani dilatati e cangianti come potevano esserlo una “Canzone Della Tolleranza E Dell’Amore Universale” o anche una “Schegge Vaganti”, complice anche la produzione, in alcuni brani dai forti toni pop. Fa capolino anche una tua vena compositiva più vicina al pop-rock, in particolare nelle ballate, che non sono accostabili a quanto firmato da te in passato (penso a una “Falso Bolero” o “Questa No”), o nella minore presenza delle chitarre noise a cui ci aveva abituato Testa Di Fuoco: ti scopriamo ascoltatore anche di un certo rock più mainstream o è accaduto “per caso”, vuoi anche per l’inclusione di nuovi elementi nella band (Steve Dal Col alla chitarra e Giovanni Fanelli al basso)?
Sono le persone che fanno la musica. È normale che Nanni e Stewie abbiano influenzato la sostanza e il colore di quest’album. Rossofuoco scrive improvvisando: si parte da zero e si strutturano le improvvisazioni in forma canzone, ognuno ci mette del suo.
Sul palco suoni con varie formazioni, anche senza Testa Di Fuoco (e, a mio avviso, quando lui non c’è la sua mancanza si avverte, in quanto le sue chitarre sono diventate ormai tratto distintivo del vostro stile). Come hai scelto i nuovi musicisti che ti accompagnano e perché in particolare la scelta è ricaduta su Steve Dal Col, così lontano dallo stile chitarristico che ha contraddistinto i tuoi album?
Stewie fa parte di uno dei gruppi mitici della mia postadolescenza musicale, Frigidaire Tango… dentro sono molto più vicino a lui che ai chitarristi noisy a cui spesso mi si accosta… io ho sempre fatto finta di saper suonare la chitarra… lui no… poi abbiamo in comune l’amore sviscerato per il più grande artista di tutti i tempi: Neil Young.
Dal vivo stai diventando sempre più degregoriano. Canti fuori metrica in modo che chi sta sotto al palco difficilmente riesce a starti dietro. Non vuoi farci più cantare durante i live?
Ci sono cose dei rituali dei concerti rock che mi fanno venire i brufoli: le mani in alto dei “tutti insieme”, le arringhe parapolitiche per il consenso facile, gli accendini che si accendono e sventolano in sala durante i brani di atmosfera (vorrei avere secchi benzina da rovesciare su chi lo fa), la farsa della discesa dal palco per farsi acclamare al bis e i microfoni girati verso il pubblico per i canti in coro… le metriche le cambio per evitare i coretti da stadietto (diminutivi/vezzeggiativi: il mio pubblico non è poi così numeroso).
Durante un tuo live ad Agropoli (Sa), all’arrivo del coprifuoco dopo soli 9 brani, dal palco definisti la cittadina una “gerontopoli”, così come canti in “Morire Di Noja”: ti sei ispirato a quel live in particolare per scrivere i versi della canzone o hai trovato molte gerontopoli in giro per l’Italia?
Stanno trasformando tutte le nostre città in gerontopoli… a grandi linee è solo una cieca ricerca del consenso elettorale; visto che l’età media degli italiani si sta alzando e giovani ce n’è sempre meno, è chiaro chi comanda nel locale emana norme che facciano l’occhiolino al grosso degli elettori. Non è un caso che i primi ad emanare questi “editti” siano gli amministratori della parte politica che è più infoiata all’inseguimento di una chimera di maggioranza… è stupido, così uccidi l’aggregazione, l’aggregazione è cultura: la cultura senza movimento non si fa… per non parlare del fatto che ciò è una specie di invito a restare in casa ad intossicarsi di Fede, Vespa, De Filippi… stupidi, troppo stupidi… o troppo complici…
“Sogna ciò che ti hanno insegnato a sognare”: com’è che l’uomo medio riesce a farsi inculcare così facilmente concetti e aspirazioni da “altri”?
Perché è più facile assumere modelli di comportamento già esistenti e ben promossi che inventarne di originali… il problema salta fuori nel momento in cui questi modelli sono studiati a tavolino per formare una “classe dominata” docile e ubbidiente.
Tornando a parlare di rivoluzione, tema portante di “Rojo”, quest’anno ricorre il bicentenario dell’indipendenza del Venezuela: cosa ne pensi di Chavez?
Ne so troppo poco per avere un’idea precisa… troppi idioti in giro che parlano a vanvera di cose di cui non sanno una sega…
Ai tuoi esordi sei stato il fonico, fra i vari, della P.F.M., gruppo di punta della scena progressive mondiale: qual è il tuo rapporto con questo particolare genere musicale che mi sembra molto lontano comunque dalle tue corde?
Il progressive mi fa vomitare… parlo dell’evoluzione che l’ha portato ad essere quasi esclusivamente tecnicismo e virtuosismo strumentale e compositivo… alle origini, qualcosa di buono c’era…
Oltre che musicista, compositore e fonico sei anche produttore: quali sono stati gli album e gli artisti con cui hai lavorato a cui sei più legato e perché?
Sicuramente l’album “No Reprise” di A Subtle Plague, una band di schiantati, fricchettoni, punk che era una specie di famiglia gitana. Veniva dalla California ma viveva nel mondo, con una predilezione per l’Europa… era il 1994 e mi sentivo un po’ come loro: citizen of the world…
C’è qualche artista in particolare (o qualche genere musicale con cui ancora non sei venuto in contatto) che ti piacerebbe produrre?
Non mi diverto più troppo a produrre gli altri… lo faccio solo con gli amici…
Hai collaborato a vari film di Davide Ferrario, sia in veste di musicista che di attore con dei brevi cameo: parlaci un po’ della tua esperienza sul set e del rapporto che ti lega a Davide Ferrario.
Davide mi ha dato l’opportunità di far una cosa estremamente stimolante: comporre musica per una storia fatta di immagini. Mi piacerebbe riprovarci… avrei bisogno di più conoscenze, però… Come va l’attività con la Psicolabel?
Psicolabel è nata per fare uscire piccoli progetti di persone con cui sto bene… autarchia ai massimi livelli…
Io la domanda su Ferretti non te la vorrei fare, ma ‘sto fatto che s’è messo a scrivere su L’Avvenire come lo vedi?
Lo farei anch’io… dubito che L’Avvenire mi pagherebbe per farlo, però…
Spesso sui manifesti dei tuo concerti capita di leggere cose tipo “ex CCCP”, “ex CSI”, eccetera: quanto ti rompe i coglioni che il tuo nome venga ancora legato a CCCP, CSI e PGR?
Si, mi infastidisce abbastanza… anche perché puntare su questo per fare promozione ad un evento nel quale sono coinvolto, non porta alcun beneficio sul numero dei partecipanti all’evento stesso… solo pochi individui arrivano attratti da queste “credenziali” e di solito sono rompicoglioni che, quasi piangendo, mi chiedono: “ma… Giovanni?.. che gli è successo?”… ma vaffanculo…
Parlaci velocemente di “Rosso Come Il Fuoco”, la tua biografia.
Il titolo effettivo è “Fatevi Fottere”. È un’intervista lunga una ventina di bottiglie di rosso… Samuele e Irene hanno cercato di strapparmi i segreti più inconfessabili della mia vita… io sono rimasto sul vago, raccontando loro un mucchio di cazzate interessanti… di bello ci sono gli interventi di tanti amici che abbiamo tirato in ballo… e un CD di roba abbastanza inedita…
Sempre più spesso si sente usare il termine “comunista” a sproposito, senza cognizione di causa. Se una persona è “contro” viene additata, da una certa tipologia di persone (evitiamo di dare appellativi a tali individui), come comunista. Che è anche diventata una sorta di offesa, quasi come a dire “sei uno stronzo”. Ti volevo chiedere, più che altro, ma secondo te esistono ancora i comunisti? Oppure potrei chiederti: hanno effettivamente ancora ragione di esistere in un mondo come il nostro?
Chiedilo a internet, a caso, su un blog o un sito qualsiasi… internet è l’unica applicazione pratica di questo concetto… ah… preparati al fatto che fra un po’, quando chi comanda riuscirà ad essere veramente capace di usare questo media, non sarà più né libero, né tuo….
“E per l’immaginario collettivo divorare bambini”: a te come piacciono cucinati?
I bambini mi fanno cacare: ABORTO OBBLIGATORIO!
Autore: Giuseppe Galato
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