Dopo la toccante versione de “Il Pianista” tratta dal racconto autobiografico di Wladiszlaw Spielman, Roman Polanski si cimenta nuovamente con un adattamento tratto stavolta, dalla celeberrima opera di Charles Dickens “Oliver Twist”.
La versione del classico inglese realizzata da Polanski è perfetta, in modo assoluto.
E’ perfetta l’ambientazione della Londra del XIX secolo, lo squallore delle zone popolari infestate di topi, malattie, ubriachi, gente affogata nella povertà più assoluta.
Siamo alla preistoria del processo di industrializzazione ma i suoi effetti nefasti sono già ben visibili.
E’perfetta la scelta dei comprimari, forse un po’ meno quella del protagonista (Barney Clark) bravissimo ma troppo carino.
Quella di Oliver è una storia di sopravvivenza (tema già affrontato dal regista polacco ne “Il Pianista), il racconto delle peripezie di un orfanello educato (chissà poi chi ne è l’artefice) da perfetto gentleman che grazie al visino angelico e i modi per bene, riesce sempre a cavarsela.
Polanski ritorna sul tema dell’attaccamento dell’uomo alla vita, riflettendo ancora una volta sulla barbarie, la perfidia, la stupidità e la violenza di cui ognuno è capace e a cui, per fortuna, si contrappone l’esistenza di un essere salvifico, qualcuno lì pronto ad aiutarti in maniera incondizionata.
Una visione ricca di speranza e di fiducia.
E’ come se Polanski inseguisse l’ happy end, schivando morti e malati.
Non c’è angoscia in Oliver, semmai tristezza, di quella lieve però e anche quando piange come un agnellino già leggi nel suo sguardo che se la caverà.
Il piccolo orfanello ha la faccia giusta per raggiungere il cuore della gente e un pizzico di fortuna (senza nulla togliere alla sfortuna) che non guasta mai.
E arriverà anche al cuore di Fagin (un Ben Kingsley irriconoscibile) l’uomo che lo ha accolto e amato in cambio (in definitiva) di niente e che proprio a causa del fanciullo prediletto sarà costretto a percorrere il “Miglio Verde”, non prima però di averlo incontrato e abbracciato per l’ultima volta.
Autore: Michela Aprea