Che impressione sfogliare il libretto di “Pink Flag” e vedere le immagini di questi quattro ragazzi che cavalcano gagliardamente l’onda punk nell’anno della sua esplosione. Che impressione, ma soprattutto che emozione rivederli poi sul palco dell’Havana a quasi trent’anni di distanza, ancora li, tutti e quattro, non più ragazzi ormai e con la originaria magia punk svanita, ridotta poi a quei pochi cliché che ci restano oggi…che potenza ragazzi, quei “vecchietti” lassù fanno sul serio. Mi aspettavo un qualcosa, per come dire…ehm…di violento…ma non in questi termini…che dolore per le mie orecchie, massacrate dalle “mazzate”, provenienti da quei “signori” inferociti! Ebbene i Wire sono letteralmente rimasti immuni al tempo, e nessuna risposta scientifica può soddisfarmi nel giustificare tanto “carattere” alla loro età. C’è Newman che ha delle corde vocali di ghisa, Gilbert, ormai imbalsamato, muove solamente le braccia e le dita per gli accordi sulla chitarra, Gotobed è una vecchia drumbox arrugginita che di tanto in tanto perde qualche colpo e Lewis sembra un grintosissimo e sudatissimo Mastro Lindo…e con tutto ciò ci hanno fatto dono di una lezione di vitalità e gioventù che terrò a mente fino al raggiungimento dell’età pensionabile (a meno che non venga prorogata ulteriormente!). La serata è cominciata con “99.9”, pezzo di chiusura di “Send”, ultimo album (spero solo cronologicamente) e si è conclusa con ”Reuters”, track d’apertura del su citato “Pink Flag”, primo lavoro della band. Nel mezzo tante piccole e brevi perline e purtroppo tantissimi altri brani che vengono trascurati (il variegato pubblico presente si aspettava anche un qualcosina da “Chairs Missing” e “154”) e che a fine concerto abbiamo solo potuto immaginare come sarebbero stati….Un crescendo continuo: il pubblico inizialmente si fa prendere da un misto di curiosità e scetticismo, ma dopo appena 10 minuti sono tutti insieme ad urlare appresso Newman & Co. In scaletta brani come “Mr Marx’s Table”, una spassosissima “Comet”, la rabbiosa “Read and burn” e molti altri che evito di citare solo per ragioni di spazio. Nei bis una concessione al passato: “Pink Flag” è a dir poco spettacolare, su “Surgeon’s girl” ho pensato che qualcuno sul palco potesse essere colpito da commozione cerebrale. Fortunatamente non è successo nulla di ciò, come ho già detto penso di essermi solamente impressionato, se quei quattro non sono stati uccisi dal punk prima, e dalla wave poi…allora non li ucciderà mai nessuno…
Autore: Luigi Ferrara