Eccoci arrivati al secondo capitolo della collaborazione fra Mark Lanegan ed i Soulsavers. Lasciata da parte l’intrigante interazione del precedente “It’s Not How Far You Fall, It’s How You Land”, i nostri si sono ritrovati, consci che stavolta si sarebbe partiti da basi più solide, vista l’esperienza dell’album e del relativo tour di due anni fa. Ciò che avrebbe potuto sollecitare la fantasia degli appassionati di musica, sarebbe stato vedere Lanegan alle prese con un repertorio legato in maggior misura all’elettronica, genere nel quale i Soulsavers hanno una discreta competenza. L’ago della bilancia, invece, in questo caso tende ad assecondare troppo l’estro del cantautore statunitense. Non che questo sia un male, beninteso, però si sarebbe potuto osare in modo diverso. Venendo alle note liete sicuramente “Broken” può contare su di una manciata di brani di indubbio valore. Sul versante rock, meritano una menzione “Death Bells” e “Unbalanced Bells” episodi che confermano il ruolo centrale della chitarra, in questo caso elettrica, nell’immaginario sonoro dei Soulsavers, come per stessa ammissione di Rich Machin, metà del duo inglese insieme al fido Ian Glover. A fare la parte del leone sono, comunque, le canzoni più contemplative che abbracciano tanto la ballata pianistica (“You Will Miss Me When I Burn”), quanto il gospel (“All The Way Down”), preferendo, in generale, districarsi tra atmosfere lente ed evocative. Nel novero rientrano pure i due strumentali “The Seventh Proof” e “Wise Blood” che strizzano non poco l’occhio all’inarrivabile maestro Ennio Morricone. Meno bene, al confronto, i momenti dove la voce di Lanegan incrocia quella dell’australiana Rosa Agostino (un cognome tipico della terra dei canguri, non c’è che dire…), non per le pecche al canto di quest’ultima (forse ancora troppo alla PJ Harvey) ma proprio perché sono i pezzi che li vedono protagonisti a lasciar un poco a desiderare. A proposito di ospiti, c’è da aggiungere che nel disco abbondano quelli di alta caratura indie (Will Oldham, Jimi Goodwin dei Doves, Jason Pierce degli Spiritualized, Mike Patton, Richard Hawley, Gibby Haynes dei Butthole Surfers, Martyn LeNoble dei Jane’s Addiction), a conferma delle buone intenzioni del progetto. Una cotanta parata di stelle, non avrà partorito un album che “spezza” il cuore come avrebbe potuto, eppure, è capace di farlo sussultare lo stesso in alcuni momenti. Se poi il vostro è di pietra, allora è preferibile che dirigiate lo sguardo da qualche altra parte.
Autore: LucaMauro Assante