Siamo lontani ormai anni luce da quella che fu definita la “Vesuvian wave” che tra la fine dei ’70 e gli inizi degli ‘80 aveva spazzato l’idea di Napoli come la città del mandolino e di “O sole mio” creando quella generazione di artisti che rimarrà incisa in maniera indelebile nella storia della musica. Erano i tempi dei Napoli Centrale, del sax di James Senese, del blues partenopeo di Pino Daniele, delle percussioni di Tullio De Piscopo, e di certe cose più underground d’elìte come i 666, Panoramics, Zooming at the Zoo, o il punk dei Randagi e Contropotere. Da allora Napoli ha visto alternarsi quasi ciclicamente periodi d’oro a momenti di stanca. C’erano e segnano un punto fondamentale le reprise popolari di Eugenio Bennato, della De Sio piuttosto che della Montecorvino, gli spettacoli di Peppe Barra, o il jazz di Onorato, Farias, Sepe e Zurzolo, fino al rock che ha riportato Napoli al centro della scena internazionale. E subito vengono in mente i 99 Posse di Luca “Zulu” Persico, il dub degli Almamegretta, piuttosto che la voce ipnotica di Francesco Di Bella dei 24 Grana. Tre gruppi che non a caso sono stati presi come padrini per la seconda raccolta voluta da Sintesi3000/La canzonetta, “Napoli sound system vol.2”, che segue di dieci anni il primo volume.
Forti del successo che premiò lo scouting di dieci anni fa, e del riscontro critico e commerciale che ebbero grazie anche ad artisti come i già citati Senese, Barra, Sepe e dall’esordio dei 24 grana, i produttori ci riprovano. Hanno scommesso, infatti, su 10 artisti del futuro, “senza avere la pretesa – dicono – di rappresentare il nuovo panorama musicale campano”, questa compilation però vuole “fornire una fotografia abbastanza nitida di quello che in questo momento ’ci gira intorno’”.
Ad aprire le danze ci pensa Denise, salernitana classe ’86, con “My little prince” delicata melodie supportata da timpano, contrabbasso e tromba, ma che si fa forte della voce della front(wo)man. I pennelli di Vermeer sono una vecchia conoscenza per chi gira i locali campani e quest’anno si sono meritati la presenza ad Arezzo Wave. La loro “Pipa operaia” è una sorta di filastrocca, suonata in maniera egregia dai cinque di Torre del Greco. L’elettronica si mescola al pop grazie ai Jump on, duo che si diverte a prendere in giro il mondo mainstream (“metti più droga nei testi delle tue canzoni/basta che ci metti droga ti danno i milioni), con un elenco di droghe che rimanda a “Feel good hit of the summer” dei Queens of the Stone Age. È strumentale, invece, il progetto Kazum che, come dicono i componenti del gruppo, spazia tra “rumorismo, il jazz, l’etnico e il rock d’avanguardia”.
I Lev, invece, spaziano tra rock e punk, con una buona dose di cazzeggio, grazie a “Ceci”, mentre i MaD (nome dovuto alle iniziali dei due componenti, Mariano Iannotta e Donato Cutolo) per “Come nuovo” si avvalgono di sinth, rhodes, sample per creare questo rock dall’effetto malinconico. Dub e musica popolare sono le caratteristiche dei Moodhula che grazie all’elettronica e al napoletano impacchettano una gustosa “Luna nova”. Nino Bruno e le 8 tracce sono un’altra istituzione nel mondo underground campano e questa “Tipo da evitare, tipo da incontrare” è registrata, come del resto tutti i brani del gruppo, “su nastro, nei limiti di otto tracce analogiche, con routine interamente analogico ed effettistica esclusivamente elettromeccanica”. Ecco, appunto! Il Donato Cutolo dei MaD lo ritroviamo anche nei Nomia, anch’esso progetto nato nel solco dub reggae, con alle spalle già un album a cui collaborò anche Di Bella, e che si “dilettano” con la scrittura di colonne sonore per teatro alternativo. Giusto per non farsi mancare niente, non poteva mancare lo ska. Rappresentanti del genere sono gli RFC con “Per quello in cui credi”, giovane gruppo, anch’esso con alle spalle un album, “Anarchia sentimentale”. A chiudere la compilation, come detto, i tutor di questi “ragazzi del futuro”. I 24 Grana si cimentano con una cover dei Joy Division “Passover”, mentre gli Almamegretta in collaborazione con lo stesso Di Bella suonano “Sulo cu tte”, ottimo punto d’incontro tra queste due anime. La conclusione è affidata a Luca “Zulù” Persico che con la sua “Hic sunt terrones” ironizza (ma mica tanto) sulla sua immagine (“Sans papier, zulù, terrone, y perro loco, cabron) e cantando in spagnolo.
La casa discografica intanto già annuncia che ci sarà il terzo volume nel 2008 attraverso il concorso “Naples is calling” riservato alle band del sud Italia.
Per vedere i frutti di questo lavoro, coraggioso nonostante qualche dichiarata mancanza, bisognerà aspettare un altro paio di anni. Chissà che questi ragazzi non contribuiranno alla nuova gold age della musica napoletana.
Autore: Francesco Raiola
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