Chi dice di aver avuto un’adolescenza tranquilla mente oppure è stato estremamente fortunato. L’adolescenza è quel bellissimo periodo della vita di ognuno di noi in cui, per antonomasia, ci si sente perennemente inadeguati, circondati da un disagio spesso immotivato, e brutti. Soprattutto brutti.
Purtroppo è difficile stabilire l’esatto momento della crescita in cui avviene, perché in fondo l’adolescenza non è un qualcosa di materiale che avviene o che c’è fisicamente, quanto piuttosto qualcosa che si evolve, ci inghiottisce e, se siamo fortunati, ci fa riemergere, infine, “sani e salvi”, “pronti” per l’età adulta. Una sorta di malattia che, nella sua crudele difficoltà, ci fa diventare ciò che poi resteremo per tutta la vita. E bisogna essere molto pazienti affinché ci doni il raziocinio utile ad affrontare l’inevitabile passaggio.
Premessa valida, questa, a introdurre Charles Burns, autore sicuramente atipico, che nei tratti ricorda vagamente Robert Crumb ed è uno storico amico del creatore dei Simpson, Matt Groening, a partire dagli anni in cui entrambi frequentavano l’Evergreen State Collage a Olympia. Burns è autore del graphic novel intitolato “Black Hole”, in Italia edito da Coconino Press, ma avente alle spalle una storia ben più articolata che parte dal 1994, anno in cui l’autore dai disegni notoriamente dissacranti e ricchi di neri assolutamente pieni, utili alla migliore rappresentazione del disagio sociale, decise di iniziare a pubblicare una serie di dodici comic book dalla carta pesante e patinata, dal titolo “Black Hole”, in edizione Kitchen Sink. Dopo la chiusura della stessa casa editrice, Burns non interruppe il suo lavoro al quarto numero, ma proseguì con la più piccola Fantagraphics, concludendo il suo progetto meravigliosamente inquietante, al quale però ci vorranno ben tredici anni per arrivare in Italia sotto forma di albo unico.
Perché introdurre Burns con il concetto di adolescenza? Oggettivamente, l’autore statunitense ha sempre dato vita a veri e propri incubi mascherati da libricini patinati e divertenti, di un sarcasmo dissacrante quanto effimero. Il suo “Black Hole” già dal titolo ci introduce ad una prospettiva paurosa quanto mai ignota, e metafora dell’adolescenza, appunto, sebbene ad una prima lettura potrebbe sembrare che l’autore stia parlando di una malattia venerea dalla quale tutti cercano di fuggire, e chi invece è stato già colpito si nasconde dalla vista dei più, invano.
È necessaria, però, una breve sinossi. All’interno di questo volume tutto è incentrato sulla diffusione di uno strano virus che si trasmette sessualmente e colpisce solo gli adolescenti. La suddetta epidemia ha la peculiarità di trasformare propriamente le carni dei ragazzi affetti, che diventano quindi spaventosissimi mostri allontanati o che si allontanano autonomamente da una società che non li accetta. La storia si sviluppa tra una tranquilla cittadina della provincia americana, il bosco che ne fa parte, e una città sulla costa in cui ad un certo punto, in preda al panico di non essere più accettata neanche dalla sua migliore amica, la protagonista femminile scappa. Alla base di tutto però c’è Rob, il fondamentale punto di partenza dell’intera vicenda: ogni “malato” porta addosso una ferita diversa; quella di Rob è una seconda bocca sul collo che, all’occorrenza, sibila la sua verità, per poi sfociare in un epilogo sorprendente che in realtà lascia un finale molto aperto, ma che comunque non da spazio ad alcuna guarigione.
Il disagio, la paura, l’inquietudine, sono sì peculiarità di quella che può essere una malattia infettiva chiaramente malvista dal prossimo, ma anche e soprattutto metafora di un periodo della vita in cui tutto cambia, soprattutto la propria visione di sé e degli altri. La cosa interessante è il modo in cui Charles Burns affronta tutto questo. Il tema, di una strabiliante sensibilità, lascia trapelare ben poco, convincendo il lettore di leggere un fumetto sull’AIDS. Quando invece le preoccupazioni, i dubbi, il radicale cambiamento della pelle, delle forme del viso e del corpo sono tipiche se non assolutamente normali del periodo adolescenziale, in questo graphic novel rappresentato con venature incredibili e quasi paradossali.
Ovviamente, però, non c’è solo questo. Essendo Charles Burns uno dei cantori fondamentali della sua generazione, se non l’unico, per quanto riguarda il fumetto, nei suoi segni neri c’è anche la strenua volontà di raccontare la provincia statunitense da egli vissuta negli anni ’70, pur non palesandolo cronologicamente durante la narrazione fortemente emotiva. E questa profonda emotività non è data dai colori, come invece si potrebbe pensare, ma da marcatissime campiture di nero che non stancano, ma che anzi aiutano ad introdurre il lettore nel disagio generale di cui è permeata l’intera vicenda.
Sicuramente “Black Hole” non è una lettura serena, nonostante questo però assolutamente da scoprire.
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autrice: Lorenza Carannante