I Mojito Dregs sono originali proprio perché classici: cercano il rock-blues classico, si ispirano al rock classico, la metrica delle liriche è classica, con rime baciate o alternate come non se ne vedevano da tempo. Tutto questo al giorno d’oggi nella musica italiana è una scelta di coraggio e di sfida visto che va di moda la parola libera, (con tanto di facili cacofonie), il rock contaminato, le scelte sperimentali, a volte se non spesso inutilmente cerebrali (con band nate sotto la scuola di Marlene Kuntz, Bluevertigo, Afterhours).
Insomma i Monito Dregs sono classici, e guardare ai classici del rock per il panorama italiano oggi è scelta di avanguardia.
La band nasce a Napoli nel 2005 con l’idea primordiale di tirare su un po’ di cover, ma sette mesi dopo vengono fuori invece dieci pezzi inediti, grazie al furore ispirativo del chitarrista Vincenzo Moio, compositore originale di tutti i pezzi.
Il cocktail musicale a cui anche il nome della band si ispira si muove fra il rock viscerale della chitarra ritmica, quella appunto di Moio, il tiro funky del basso di Mauro Cirillo, le atmosfere vagamente fusion della chitarra solitsta di Francesco Perlingieri, le sessioni di batteria di Antonio Seller e la voce graffiante, a tratti romantica a tratti dura, di Roberto Mercogliano.
Dai dieci pezzi inediti, dopo diverse esibizioni live e un terzo posto raggiunto ad “Amorock”’, i Mojito Dregs hanno deciso finalmente di tirare fuori “Vado veloce”, il primo demo ufficiale, contenente alcune incisioni della prima ora successivamente riviste, più qualche pezzo nuovo.
Ingranaggio è un tipico blues rock, con una sessione ritmica salda e ben piazzata, convenzionale magari ma funzionale, che accompagna un cambio di ritmo interessante. Lo stile sembra quello dei Litfiba però senza la fastidiosa chitarra calabrone a cui ci ha abituato il Ghigo Renzulli privo di idee da El Diablo in poi. Ne Il filo invece sorprende un’intro stile Pearl Jam di Alive, che passa subito a un ottimo ritmo di batteria, con un taglio grunge fatto di cambi di metrica e di armonie per diventare poi ritornello estremamente interessante perché imprevisto e imprevedibile.
Piccoli lividi è invece un candidato singolo di sicuro successo, una melodia dolce ed arpeggiata che introduce una voce soffusa, un componimento molto armonico che resta dolce anche quando il ritornello esplode in una melodia gioiosa tutta in maggiore, benché anche malinconica. Sorprende qui il testo, particolarmente ispirato ed emozionante (come gli altri incentrato su riflessioni e sofferenze d’amore) dove ogni parola è lirica pura.
Cambiano ancora i riferimenti di genere e la title track Vado veloce si presenta come una scanzonata ballata blues che vagamente cita gli Stereophonics di Maybe Tomorrow…Ma è solo l’inizio perché la seconda strofa è più dura e densa, la chitarra picchia, il tono si fa serio e sofferente e diventa addirittura hard rock nell’assolo per poi tornare lenta e soffocata nel finale. Stesso stile per THV, un altro pezzo veloce, fugace, allegro, divertito, suonato con uno stile punk e poi reggato prima dell’assolo swing di basso, sicuramente efficacissimo dal vivo.
Chiudono il demo Spigoli, in cui questa volta chi domina è il basso che conduce voce e chitarra fino al ritornello tipicamente blues con accordi in 7ma e in 13ma, e Oggi no, al quale non dispiacerebbe forse una tastiera di accompagnamento per le strofe romantiche, e per le melodie espresse anche nel testo, con un ritornello funzionale perché orecchiabile e dinamico. Il pezzo nel suo complesso funziona molto bene come disco da radio, arriva dolce alle orecchie, compatto e solido senza sfumature, protagonismi di assoli o sbavature eccessive, e anche questo potrebbe candidarsi a singolo.
“Vado Veloce” insomma si presenta già come prodotto di successo potenziale, anche perché è un EP piuttosto che un demo, confermando l’esperienza della band, non proprio ragazzina, in cui i cinque membri si sono incontrati dopo almeno 20 anni di musica alle spalle. Ora i Moijto sono attesi alla prova del nove della produzione vera e propria di un disco (il repertorio non manca) e al salto di qualità verso palcoscenici live di portata non locale. E chissà che una ventata di sano classicismo non diventi una delle più interessanti novità del panorama nostrano dei prossimi tempi.
Autore: Francesco Postiglione